‘Ndrangheta: 7 arresti in provincia. Da Gallarate al commercialista di Saronno

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MILANOSono sette i varesotti coinvolti nella maxi operazione anti ‘ndrangheta che ha coinvolto tre Dda (Milano, Firenze e Reggio Calabria) e che ha portato all’alba di oggi, mercoledì 16 novembre, al fermo di 104 in tutta Italia. Di queste 54 in Lombardia tra Milano, Como e Varese.

Da Gallarate a Saronno

I varesotti coinvolti sono stati intercettati tra Gallarate, Saronno, Gerenzano e Cislago. Tra i fermati c’è un noto commercialista saronnese, rampollo di una delle “famiglie” finite nel mirino dell’inchiesta. Per tutti l’accusa più grave è l’associazione a delinquere di stampo mafioso. Gli inquirenti contestano l’affiliazione alla locale di Fino Mornasco, attiva soprattutto nel comasco, con qualche puntata in provincia di Varese e nell’Alto Milanese. L’attività della presunta cosca di ‘ndrangheta, stando alla geografia disegnata dalla maxi operazione, sul nostro territorio si fermava a Rescaldina. Evitando di penetrare in modo eccessivo nel Legnanese, oggetto, così come l’area circostante Malpensa, come dimostrato da altre inchieste, degli appetiti dei cirotani collegati al clan Farao-Marincola.

Società spolpate

La tranche d’indagine che coinvolge varesotto e comasco vede il business della droga come affare marginale per la locale. Che, pur portando avanti reati tipici della criminalità organizzata arcaica, quali estorsioni ed usura, avrebbe incentrato il proprio core business sui reati fallimentari. In questo senso la crisi economica collegata alla pandemia ha reso, se possibile, il terreno ancora più fertile per infiltrazioni estremamente profonde nel tessuto produttivo. 

Il ruolo delle donne

Il sodalizio, stando a quanto ricostruito dagli inquirenti, creava delle vere e proprie società ad hoc attraverso le quali emettere false fatture per migliaia di euro o acquisire altre attività produttive (queste ultime vere) per spolparle e svuotarle di ogni bene salvo poi lasciarle al fallimento e con loro i creditori che non trovavano altro che deserto quando cercavano di recuperare il dovuto. Società alla guida delle quali la locale metteva giovani donne.  Nipoti, figlie, mogli degli affiliati: a loro erano affidati i “reati puliti”, quelli fallimentari, appunto.

Il settore della logistica

Molti dei fermati sono giovanissimi: sono i predestinati ad ereditare le attività di famiglia. Lontanissimi dallo stereotipo del mafioso violento, senza cultura e con la coppola in testa. Sono giovani rampanti capaci di gestire società, vocate soprattutto al settore della logistica, in grado, però, di ridurre la concorrenza con vecchi metodi oppure di “convincere” gli imprenditori veri ad affidare alle società gestite dalla locale il segmento relativo alla logistica. 

Finanziere corrotto

Le infiltrazioni erano profonde anche sul fronte della politica della politica locale (coinvolti anche ex amministratori di Fino Mornasco) e delle istituzioni. Gli affiliati avrebbero infatti corrotto un militare della Guardia di Finanza per ottenere informazioni su eventuali controlli o accertamenti.

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