La solitudine di Caianiello tradito dagli amici. Per lui giudizio immediato?

Caianiello amici riesame carcere

MILANO – Non dev’essere una gradevole sensazione sentirsi abbandonato dagli amici, perlomeno chi negli anni ti ha ronzato attorno per trarre vantaggi dal tuo ruolo. Un po’ quello che sta capitando a Nino Caianiello, principale indagato nell’inchiesta Mensa dei poveri, il gran burattinaio di un certo mondo e di una certa politica, rinchiuso dal 7 maggio nel carcere di Opera con una serie di accuse sul groppone. Accuse che, secondo una serie di indiscrezioni, sarebbero state aggravate o, comunque, rifinite per eccesso dalle dichiarazioni rese ai magistrati durante gli interrogatori proprio dagli amici, o supposti tali. Coloro i quali hanno costituito per anni il “circo” di cui Caianiello, fino a prova contraria, era l’indiscusso gestore, con l’avallo degli stessi vertici del partito, Forza Italia, che lo hanno lasciato fare senza preoccuparsi del fatto che fosse già stato condannato in via definitiva per concussione.

Era funzionale a molti

Mica pizza e fichi, ma una condizione giudiziaria che avrebbe dovuto sbarrargli qualunque accesso e invece ha funzionato addirittura come passepartout. Diciamolo senza infingimenti: il mullah era funzionale a molti e, molti, oggi lo disconoscono. O, addirittura, gli aggravano la posizione attribuendogli ogni genere di responsabilità o di iniziativa illecita o presunta tale. Il fine è chiaro: alleggerire la propria posizione nel tentativo di ottenere misure cautelari meno pesanti. Benché il Tribunale del Riesame, al quale hanno presentato ricorso i 28 arrestati due mesi fa, li abbia respinti tutti. E dalle motivazioni esce un Nino Caianiello come colui che “aveva la funzione di trait d’union tra l’area della provincia di Varese e quella milanese”. Rappresentando, afferma il Riesame, “il ruolo di fondamentale garante della realizzabilità di progetti criminosi e delle occasioni di illecito guadagno”.

Un capo indiscusso

In altre parole, pur privo di ruoli formali in Forza Italia, Caianiello era una figura di assoluto rilievo “non solo in provincia di Varese ma in Lombardia”. Insomma, colui che, secondo i pm, aveva creato un vero e proprio modello feudale, “un radicato sistema clientelare” sottolinea il Riesame. Che rimarca infine come egli fosse capace di incidere anche nelle elezioni, avendo nelle sue disponibilità un cospicuo pacchetto di voti. Le motivazione del Riesame annullano di fatto ogni dubbio sulla competenza territoriale della procura di Milano, così come eccepito dal difensore Tiberio Massironi.

Subito il processo

A fronte di un simile quadro è possibile, forse anche altamente probabile, che si profili per lui il giudizio immediato. La pubblica accusa potrebbe richiederlo, forte delle prove raccolte e rafforzate attraverso gli interrogatori degli “amici di Nino”. Le notizie che il diretto interessato non avrebbe intenzione né di farsi interrogare una seconda volta né di provare a patteggiare, avvalorano questa ipotesi. E appesantiscono, se si vuole, la sua solitudine. In due mesi di detenzione, lui che parlava e frequentava parlamentari e esponenti regionali, a pranzo e a cena, non ha ricevuto nemmeno una visita. Tutti in fuga per evidente motivi. Anzi, chi lo ha mai conosciuto?

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