Sanità lombarda e ospedali, un disastro. “Aridatece Lucchina”

SOLBIATE OLONA – “Aridatece Lucchina”. Lo dice, davanti a una cinquantina di primari degli ospedali del Varesotto riuniti martedì sera dalla Fondazione Carnaghi Brusatori, l’assessore regionale Raffaele Cattaneo. Carlo Lucchina era il direttore generale della sanità lombarda ai tempi del Celeste, quel Roberto Formigoni che, grazie alla sanità, ha costruito il suo impero politico, con gli esiti giudiziari che oggi riempiono le cronache. “Aridatece Lucchina” come critica implicita al management del settore, riferito alla scorsa legislatura sotto l’egida di Roberto Maroni. Per dirla con Cattaneo: “Per gestire la sanità ci vogliono coraggio e intelligenza”. Coraggio per rivedere, ad esempio, la rete ospedaliera provinciale, che prevede la chiusura dei cosiddetti rami secchi, cioè i piccoli nosocomi, che distolgono risorse e personale agli ospedali più importanti, aggravando i vuoti negli organici dei medici. Questione che pone rischi nell’assistenza, come hanno rilevato 73 primari delle Asst di Varese e Busto Arsizio in una loro recente, clamorosa presa di posizione.

Prima le opportunità elettorali

Ma il coraggio di cui parla Cattaneo deve fare i conti con le opportunità elettorali. Ecco allora che il punto nascita di Angera, molto al di sotto dei parametri quantitativi e forse qualitativi richieste dalle norme, viene riaperto. Ecco che l’ospedale di Cuasso al Monte rimane funzionante nonostante la scarsa attività e la mancanza di vere eccellenze. “Ma se qualche mamma alza la voce, la politica risponde infischiandosene del buon senso e della necessità di reperire risorse: pensa ai voti”. Questo è stato detto all’hotel Le Robinie davanti ai direttori generali delle due Asst, Callisto Bravi e Giuseppe Brazzoli, e ai consiglieri regionali Emanuele Monti, presidente della commissione Sanità, Samuele Astuti e Angelo Palumbo.

Subito la riforma della riforma

Confronto che la Fondazione Brusatori Carnaghi ha organizzato per stimolare interventi di Palazzo Lombardia a fronte di una situazione oramai d’emergenza nei reparti, a cominciare dai pronto soccorso. Proposte, idee, rilievi che troveranno sbocco istituzionale davanti alla commissione regionale preposta, chiamata ad affrontare l’enorme problema gestionale. Che la riforma della sanità, targata Maroni e Gallera (assessore riconfermato anche nella giunta Fontana), avrebbe dovuto risolvere. Quanto meno per quanto riguarda le cronicità della popolazione anziana, in costante crescita. Più si è longevi, più necessitano assistenza e cure. Di nuovo Cattaneo: “Per quanto riguarda la riforma ci troviamo di fronte a un problema di attuazione”. In altri termini: così com’è, la riforma non cammina. Al punto che qualcuno degli addetti ai lavori, martedì sera, ammetteva che serve già la riforma della riforma. Insomma, nulla di scontato sotto il cielo della sanità lombarda. Che paga pegno ai tagli imposti dallo Stato, all’impossibilità di arruolare nuovi medici, alla condizione di precarietà lavorativa, al numero chiuso nelle università, alle difficoltà di essere ammessi alle specializzazioni, al disimpegno di molti medici di base, a tutto ciò che ruota dentro e fuori a un mondo decisivo per la qualità della vita di tutti noi. Oggi messa a rischio anche dalle scelte della politica, soprattutto in sede governativa. E forse anche regionale, tanto che il leghista Monti a un certo punto, toccando la questione della rete ospedaliera, ammette: “Basta con la politica del campanile”. E non c’è altro da aggiungere.

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