Carcere di Busto sovraffollato e niente lavoro ai detenuti, allarme del Garante in Regione

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BUSTO ARSIZIO – «Non lasciamo i detenuti chiusi nelle celle a far niente». Altrimenti il sovraffollamento rischia di trasformare il carcere in una vera e propria polveriera. È un allarme quello che ha lanciato lunedì, nel corso della sua audizione in commissione speciale carceri al Pirellone, il Garante dei Detenuti della Casa circondariale di via per Cassano Matteo Tosi. Rivolgendo un accorato appello ai rappresentanti politici a «sollecitare l’attivazione di borse lavoro per i detenuti e in generale più attenzione» per le condizioni di chi vive e lavora dietro ai  e degli cancelli di via per Cassano, a partire dagli «agenti di polizia penitenziaria», che per primi subiscono gli effetti di «una situazione che si sta aggravando».

In 450 in una struttura da 300 posti

busto matteo tosiI numeri che il Garante ha dato ai consiglieri regionali rimandano ad un’epoca che sembrava ormai superata, quella del sovraffollamento record di qualche anno fa: attorno ai 450 detenuti presenti, contro una capienza di circa 300, il 50% in più di quanto la struttura di via per Cassano potrebbe, e dovrebbe, ospitare. «Ma non è quello il problema più urgente – ammette paradossalmente Matteo Tosi – oltre ad essere sfibrata dagli spazi ristretti, la popolazione carceraria è in gran parte lì a far niente. Avrebbero diritto a compiere delle attività, come corsi, laboratori, lavoretti, misure alternative, ma l’assenza di un ufficio trattamentale realmente costituito paralizza tutto». Da più di un anno, infatti, da quando la storica responsabile Rita Gaeta è andata in pensione, il settore che sovrintende alle attività educative, lavorative e ricreative è affidato a figure part time in missione a tempo determinato «che fanno quello che possono», con il risultato che «non si riescono più a programmare iniziative, se non interne ed estemporanee, o ad organizzare qualcosa di nuovo, ma nemmeno a ripetere iniziative che si sono sempre fatte, come le visite delle scuole». Meno attività si fanno, è la sintesi del ragionamento del Garante, più tensioni e frustrazioni si accumulano nelle celle.

«Ritardi sulle misure alternative»

Ma, ancor più grave, si accumulano «ritardi sulle misure alternative», il che rappresenta per i detenuti un problema di «diritti calpestati», come fa notare Matteo Tosi, facendo il paragone con la nota vicenda dell’ex governatore lombardo Roberto Formigoni. «Nel suo caso la relazione di sintesi (il documento redatto dall’area trattamentale che serve per “aprire le porte” alle misure alternative alla detenzione, ndr) è stata aperta e chiusa in sei mesi, mentre qui ci sono detenuti per i quali dopo un anno nemmeno si è aperta» afferma l’ex consigliere comunale bustocco.

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Quadro impietoso: serve «un segnale»

Se a questo problema si aggiungono quelli strutturali della Casa circondariale, come le carenze di organico (personale di polizia, educatori, assistenti sociali e medici), la presenza di una maggioranza di detenuti stranieri e provvedimenti che tardano a concretizzarsi come l’arrivo di un mediatore in lingua araba o l’attivazione dei colloqui via Skype, la fotografia della situazione in via per Cassano è tutt’altro che rassicurante. Ecco perché alla politica regionale Matteo Tosi ha chiesto qualche «segnale» di inversione di tendenza, che restituisca speranza ai detenuti: non solo «attivarsi per sollecitare la nomina di un responsabile per l’area trattamentale», ma anche «sollecitare le amministrazioni locali del territorio a mettere a disposizione dei detenuti qualche borsa lavoro, che dia occasione di uscire dalla cella per fare qualche lavoretto, imbiancature, manutenzioni, giardinaggio». In fondo, un appello a rivolgere un po’ di attenzione, con un pizzico di buona volontà, a quel che succede dietro le sbarre del carcere di Busto Arsizio.

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