Fontana indagato per i camici. E lui: “Vogliono affossare la Lombardia”

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Matteo Bianchi e Attilio Fontana durante l'incontro di ieri sera a Samarate

SAMARATE – “Mi permetto di dissentire dall’amico Giancarlo: a Roma non ci faranno mai fare un cazzo”. Gioca in casa Attilio Fontana, governatore lombardo, ieri sera, 24 luglio, all’incontro con gli amministratori della Lega, in un agriturismo di Samarate. E’ coi suoi, si sente libero e non usa perifrasi. “L’amico Giancarlo” è Giancarlo Giorgetti, il vice di Salvini, che ha appena finito di parlare sostenendo, fra le tante cose, che la Lega deve tornare a governare il Paese. “E ci tornerà”.

Il “dissenso” di Fontana sembra frutto di una disillusione, di una profonda amarezza per tutto quanto gli sta capitando a livello giudiziario al vertice di Palazzo Lombardia. “Sapete che c’è? – attacca – vogliono affossare la Lombardia, l’autonomia e Salvini. Per questo fanno una specie di pesca a strascico, cercano un possibile reato per indagarmi, sequestrano documenti, interrogano persone, fanno di tutto per colpirmi e per colpirci. Un metodo che mette in pericolo i più elementari presupposti democratici. Mi dicono che sarei indagato ma ancora non si sa quale sarebbe il reato”.

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L’intervento di Giancarlo Giorgetti

Non passa un quarto d’ora da queste parole, pronunciate in tarda serata, che le agenzie battono la notizia che Fontana “risulta indagato dalla procura di Milano nell’inchiesta sulla fornitura da mezzo milione di euro di camici e di altro materiale da parte della società Dama spa gestita dal cognato Andrea Dini e di cui la moglie, Roberta Dini, detiene il 10 per cento”. Sembra una beffa, una cercata coincidenza, quasi uno scherzo: il governatore leghista è sospettato di aver favorito l’azienda di famiglia nel mezzo dell’emergenza pandemica con la fornitura in questione. “Ma era soltanto una donazione” aveva già avuto modo di precisare Attilio Fontana. Gli amministratori varesini della Lega lo applaudono, sono convinti che contro di lui, e contro la Regione, sia in atto un vero e proprio assedio giudiziario: 27 inchieste aperte “neanche fossimo come Totò Riina”. Situazione che manderebbe in tilt chiunque. Non Fontana: “Certo, ho pensato di mollare tutto, ma poi mi sono detto: non posso darla vinta a questi signori. Io resto”. E sono di nuovo applausi.

Per confermare come nel mirino ci sia la Lombardia, Fontana ricorda come la situazione epidemica di Piacenza sia più o meno la stessa di Bergamo: stessi numeri di vittime, stesse persone positive al coronavirus. “Però sui giornali e in tv ci va Bergamo. E sapete perché? Perché Piacenza non è in Lombardia”.

La serata è stata aperta dal segretario provinciale leghista Matteo Bianchi (“A Roma oggi c’è il governo più di sinistra di sempre”). Presenti sindaci, parlamentari, consiglieri regionali, amministratori. Occasione per fare il punto sugli scenari politici del momento e sulle scelte del partito per la prima volta dopo il lockdown. Eloquente Giorgetti: “L’attuale governo non se ne andrà mai per una ragione che non sfugge a nessuno: Salvini e la Lega non devono tornare nella stanza dei bottoni. Questa è la ragione per cui l’Europa è stata così generosa con l’Italia, il merito alla fine non è di Conte ma di Salvini”.

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