Perché ci ammaliamo (e perché no)

L’insorgenza della malattia non dipende dal caso, ma da 2 fattori principali: le difese immunitarie e la carica virale a cui ci esponiamo. Ecco cosa fare

Diversi lettori vogliono capire perché alcune persone si ammalano e altre no. Circolano bufale da premio oscar su social e su whatsapp. E’ quindi utile fare un po’ di chiarezza.

Come per tutte le infezioni sia virali sia batteriche, l’insorgenza della malattia non dipende dal caso, ma da 2 fattori principali. Una volta avvenuto il contagio, cioè il contatto con l’agente patogeno (sia esso virale come il coronavirus, sia esso batterico), entrano in gioco 2 variabili principali: le nostre difese immunitarie e la carica virale. Più le nostre difese immunitarie sono buone, meno probabilità avrà l’agente patogeno di scatenare la malattia in forma grave. Al contrario, più la carica virale che assorbiamo sarà forte, più probabilità ci saranno che la malattia insorga in forma grave. In realtà vi sono anche altre 2 variabili che determinano l’insorgere dell’infezione, che sono le caratteristiche dell’agente patogeno (la sua virulenza, la patogenicità ecc) e l’ambiente nel quale si diffonde (condizioni ambientali come umidità, temperatura), ma su questi aspetti ben poco si può fare, quindi concentriamoci sulle prime due variabili, perché agendo su di esse possiamo evitare (o limitare) gli effetti della malattia.

Approfondiamo. Le nostre barriere difensive sono di due tipi: il sistema immunitario innato e il sistema immunitario acquisito. Il primo consiste nella risposta immediata che l’organismo dà nel momento in cui viene aggredito da un agente esterno. Ma è una risposta grossolana, generica, non calibrata su quello specifico agente patogeno, basata sull’azione di cellule come i macrofagi che attaccano ma senza una strategia biologica di alto profilo. Spesso è sufficiente questa risposta ma molto dipende dalla carica virale che abbiamo assorbito (la seconda variabile), cioè dall’intensità e dalla durata dell’esposizione al patogeno. Ecco, quindi, che se l’intensità e la durata sono limitate e disponiamo di buone difese immunitarie, l’infezione si risolve rapidamente, magari con qualche lieve sintomo o addirittura in modo asintomatico. Ma se intensità e durata dell’esposizione sono massicce, le nostre difese primarie non riescono ad aver ragione dell’aggressore, e insorge quindi la malattia, cioè il patogeno si diffonde nell’organismo, si moltiplica, scatenando sintomatologie di vario tipo, facendo insorgere infezioni secondarie, insomma complicando il quadro clinico. Ed è questa complicazione che può essere fatale: nel caso del coronavirus, insorgono stati infiammatori molto seri a livello polmonare che non consentono più una corretta ossigenazione del sangue, in quanto un’ampia parte dei tessuti polmonari che dovrebbero garantire lo scambio fra ossigeno e anidride carbonica sono infiammati e non riescono a fare il proprio lavoro. Si scatena quindi una insufficienza respiratoria, che richiede respirazione assistita in rianimazione, cioè una macchina che aiuti a respirare. Questo processo non riguarda solo il coronavirus, ma parecchie malattie respiratorie. E qui entra in gioco il fattore tempo: il sistema immunitario acquisito (le forze speciali” dell’organismo), infatti, ha bisogno di diversi giorni per entrare in azione: l’organismo, cioè, produce anticorpi specifici in grado di distruggere perfettamente l’agente esterno che ci ha contagiato, ma ha bisogno di tempo per farlo. E nel covid-19 è il tempo che talvolta – purtroppo – manca. Anche in questo caso è strategico avere un buon sistema immunitario e aver avuto una esposizione limitata al virus, sia in termini di durata che di intensità della carica virale. Per tenere alto il primo valore (sistema immunitario) ci sono varie scuole di pensiero: una vita sana, una alimentazione corretta (e magari qualche buon integratore, se serve) sono fondamentali ma non tutti purtroppo possono contare su difese efficaci: ecco perché anziani, persone affette da più patologie, persone con malattie cardiovascolari, metaboliche e tumorali, sono categorie a rischio, quelle che andrebbero veramente protette. Loro malgrado, sono più deboli e fragili dal punto di vista immunitario.

Cosa fare per non ammalarsi

Per tenere basso il secondo valore (esposizione al virus e carica virale) possiamo invece fare molto: i comportamenti corretti sono la chiave di tutto: distanza minima fra persone, evitare contatti e luoghi affollati, uso (intelligente) della mascherina, rispetto di norme igieniche come lavarsi le mani, sanificazione degli ambienti, delle superfici e delle suppellettili, areazione dei locali e così via. Questi comportamenti corretti sono tutt’altro che sciocchezze, perché se la carica virale assorbita dall’organismo sarà bassa (grazie alla mascherina, o limitando l’esposizione al virus in quanto evitiamo contatti e luoghi affollati potenzialmente infetti) il nostro corpo sarà nelle condizioni di vincere rapidamente la battaglia perché il nemico sarà numericamente scarso e male “armato”.

Le infezioni, oltre che da virus e batteri, possono anche essere micotiche e generate da protozoi. Ma ai tempi del “corona” ci interessano i primi due. I virus sono sempre esistiti, come del resto i batteri. Contro i primi, l’arma principale (e spesso l’unica) è il nostro sistema immunitario, contro i secondi abbiamo un formidabile alleato esterno che sono gli antibiotici. Purtroppo il “corona” è un virus, ed è per questo che dobbiamo agire sulle due leve di cui disponiamo. Senza indecisioni. Saranno queste due leve a fare la differenza, fra chi sia ammala e chi no.

Questa rubrica è dedicata ai nostri lettori: raccontateci la vita ai tempi del coronavirus. La vostra vita. Mandateci via mail (coronavirus@malpensa24.it) foto e commenti di situazioni domestiche, di ciò che fate, di ciò che accade e di come state vivendo questi giorni difficili, le vostre riflessioni, i vostri quesiti. E noi pubblicheremo.

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