Afghanistan un anno dopo

Con il ritiro delle truppe occidentali, i talebani hanno messo in ginocchio il Paese

di Alessandro Belviso

Il 15 agosto 2021, dopo aver conquistato le province periferiche, l’esercito guidato dai talebani entra trionfante a Kabul. Dopo 20 anni di impegno militare, soprattutto americano, l’esito della tentata transizione democratica del paese è risultato un evidente fallimento. Il costo economico ha sfiorato i mille miliardi, a cui si devono aggiungere 3500 soldati della coalizione NATO ed almeno 50.000 civili morti. Da quando la presidenza Trump e poi quella Biden hanno iniziato a fare i conti con il disimpegno delle truppe dislocate, i talebani hanno riacquisito gradualmente il potere, fino a riottenere il controllo totale del paese.

I fondamentalisti hanno subito fatto intendere che avrebbero ripristinato tutte le normative già presenti anni fa, eliminando ogni forma di tolleranza e pluralismo, suscitando le preoccupazioni delle associazioni umanitarie specialmente per quanto riguarda la libertà personale delle donne. Inoltre le condizioni generali della nazione non lasciano ben sperare per il futuro, conoscendo l’incapacità dei politici talebani. Senza nessun oppositore interno e con la resa della coalizione, non hanno trovato nessun ostacolo per imporre le leggi dell’integralismo. E così è stato.

La situazione dell’Afghanistan è ad oggi drammatica: il paese è fallito economicamente, alle prese con una crisi alimentare mai vista. Il governo non riesce e non intende soddisfare i bisogni elementari della popolazione. Anzi, pretende di mantenere l’economia di guerra. Dal marzo scorso sono state chiuse le scuole secondarie femminili, come ricatto verso i donatori internazionali, a cui sono stati chiesti 4 miliardi di dollari per migliorare le condizioni disperate dei cittadini. Da un anno vige una dittatura vera e propria. Oltre alla misoginia e al disinteresse verso le persone, è presente anche il razzismo di stato verso la minoranza hazara e la discriminazione nei confronti dei musulmani sciiti. Inoltre, non è possibile lasciare il paese senza un apposito passaporto per l’espatrio. I corridoi umanitari sono bloccati e le associazioni di assistenza internazionali vengono continuamente ostacolate nel loro operare. L’instabilità politica sta crescendo e dal ritorno dei talebani secondo UNAMA (Missione di Assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan) sono state uccise 700 persone per attacchi riconducibili a gruppi armati. Il rischio è che esploda un’altra guerra civile.