Albizzate, una lettera dimenticata da 13 anni lo dichiara innocente. Scarcerato

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ALBIZZATE – E’ libero da una settimana. E da una settimana si presenta in caserma perché sottoposto alla misura dell’obbligo di firma. In attesa che il suo processo, sfociato in una condanna definitiva a 4 anni con l’accusa di aver molestato sessualmente la nipotina del compagno, venga sottoposto a revisione. Così come stabilito dalla Corte d’appello di Brescia che ha anche ordinato l’immediata scarcerazione dell’uomo detenuto a questo punto con una sentenza che non andrebbe al di là del ragionevole dubbio. Tutto da rifare, insomma.

Infamante accusa di pedofilia

A riaprire i giochi, se di gioco si può parlare quando in ballo c’è la vita di un uomo, è una lettera. La lettera scritta da un suicida pochi giorni prima dell’estremo gesto. Il suicida, morto ad Albizzate nella sua abitazione nel luglio 2005, è di fatto lo zio della minorenne presunta vittima di abusi. E’ lui il principale imputato nell’indagine condotta nel 2002 dalla Mobile di Varese che vede quale corresponsabile delle presunte violenze sulla piccola il suo compagno. Ovvero, l’uomo che da 16 anni sta affrontando un lungo calvario giudiziario e che da una settimana è tornato libero in attesa, caso più unico che raro, della revisione di quel processo che portò all’infamante marchio di pedofilo.

Gli atti trasmessi in procura nel 2005

Nella lettera il suicida rigetta ogni accusa, sottolinea che l’infamia di quel marchio non la può più sopportare. E chiede scusa unicamente al compagno che sta abbandonando. L’estrema dichiarazione di innocenza da parte dell’uomo che poco dopo si toglierà la vita.
Del suicidio si occuparono i carabinieri della stazione di Albizzate che trovarono lo scritto e lo trasmisero immediatamente alla procura di Busto Arsizio sottolineando come il suicida fosse indagato nel procedimento per i presunti abusi sulla nipote e che con lui fosse indagato anche il compagno al quale l’uomo faceva riferimento nella missiva, che sosteneva con forza l’innocenza di entrambi. L’Arma aveva compiuto il suo dovere informando l’autorità giudiziaria di ogni elemento. Dopo la trasmissione alla procura, che pure si occupava dell’inchiesta per pedofilia, della lettera nulla più si seppe. L’unico indagato rimasto per il reato di abusi su minore fu assolto dal tribunale di Busto e poi condannato nei restanti due gradi di giudizio. Una condanna appunto definitiva a 4 anni, ma dopo anni di sentenze contraddittorie tra di esse.

Il processo sarà sottoposto a revisione

Nel 2017 il difensore dell’uomo ebbe notizie di quella missiva. La cercò e la trovò. Sottoponendola alla corta d’Appello di Brescia che l’ha oggi ritenuta meritevole di considerazione. Tanto da accogliere non soltanto l’istanza di revisione del processo ma di ordinare l’immediata scarcerazione di un uomo che da sempre si proclama innocente affinché non «debba patire» un ulteriore periodo di detenzione in attesa che il procedimento venga rianalizzato. Che debba scontare insomma una condanna che potrebbe rivelarsi ingiusta. La vicenda si è dunque ripaerta, anzi, riparte da zero. Tra le domande alle quali si vuole dare una risposta c’è anche quella relativa alla missiva. Che fine fece? Perché i magistrati non la presero in considerazione da subito?

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