«Ci ho preso Busto»: standing ovation per Claudio Baglioni al Teatro Sociale

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BUSTO ARSIZIO – «“Dodici Note Solo Bis” è un giro nato per caso tre anni fa, con settantuno concerti organizzati nell’attesa che si attenuassero le restrizioni per il Covid, e sono persino piaciuti. Ci ho preso gusto: anzi, ci ho preso Busto”. Così Claudio Baglioni ha raccontato ieri, lunedì 20 febbraio, a un Teatro Sociale completamente esaurito, l’aggiunta di altre settantaquattro date al suo tour solista che oggi farà tappa a Varese e al “Delia Cajelli” ha visto il pubblico, dopo ripetute standing ovation, invadere lo spazio sotto il palco mentre il cantautore romano eseguiva i brani del gran finale.

«Le canzoni così come sono nate»

Pur privo degli abituali comprimari l’artista ha confessato una forte attrazione per il teatro che alla «prova d’attore» negli «spazi disadorni» delle sale lo fa sentire come il nuovo arrivato che si presenta agli altri in un gruppo di auto aiuto: «Piacere, sono Claudio, è da un giorno che non canto e non suono: la dipendenza è troppo forte». Quanto allo spettacolo che, in oltre tre ore e mezza, mostra «le canzoni così come sono nate», con l’apertura affidata a “Io sono qui” e “Solo”, Baglioni ha annunciato da subito che ci sarebbero state molte «arruffianate o captatio benevolentiae» da parte sua. «Ora vi vedo senza le mascherine, come siete giovani, o ben conservati. Già ventuno anni fa avevo fatto questo giro. Ah, tu c’eri? Che combinazione, c’ero anch’io!».

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Tre piani per pareggiare i conti con il tempo

Il tradizionale pianoforte a coda è scomparso a favore di uno acustico, uno elettrico e uno digitale, a rappresentare non solo passato, presente e futuro ma anche gli elementi naturali della terra, per la solidità, dell’acqua, per la fluidità del suono, e del fuoco, per la ricchezza di possibilità sonore offerte. Strumenti tra cui Baglioni si è mosso in direzione antioraria, «per pareggiare i conti con il tempo».
Dopo “Dieci dita” e “Io dal mare” ripercorrere la nascita delle arti, dai disegni dei cacciatori delle caverne a quelle attuali fotografiche e cinetiche, è stata l’occasione per tirare le orecchie sull’abuso di smartphone: «Noi andavamo ai concerti solo per ascoltarli, a volte anche a occhi chiusi per sentire la musica entrare dentro: ora ci sono invece lo spettatore cameraman, o videomaker, o sempre connesso».

Il duetto di “Stai su”

«Per poi stare a scegliere dopo un evento, tra ottocento foto uguali, quelle meno uguali», ha continuato l’artista a ironizzare su cellulari e flash. «Quante cose ho visto da qui che voi umani non potreste immaginarvi. Tempeste elettromagnetiche e fuochi pirotecnici, l’altra settimana a un concerto avevo i tasti neri che mi diventavano bianchi e i bianchi neri: un’integrazione che potrebbe esistere, ma ho finito per suonare canzoni di altri».
Tra “Fotografie”, “Con tutto l’amore che posso”, “Gli anni più belli”, “Pioggia blu” e “Tutto in un abbraccio” i botta e risposta con gli spettatori – tra loro il sindaco Emanuele Antonelli e Maurizio Castiglioni del Caffè Teatro – non si sono limitati a battute o alla formula apotropaica “No, giammai” ma hanno incluso il duetto di “Stai su”: «Senti che carica erotica, sembra di stare a Busto Arsizio», li ha lodati Baglioni.
Di lì in poi un crescendo di cori, prima con “Io me ne andrei” e poi con i classici “Non so com’è cominciata”, “Avrai”, “Mille giorni di me e di te”, “Amore bello”, “Questo piccolo grande amore”, “E tu come stai?”, “Sabato pomeriggio”, “E tu…” e “Strada facendo” fino al saluto, accompagnato da tutto il Sociale che batteva le mani a ritmo, con “La vita è adesso”.

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