Busto, la maledizione del palaghiaccio e l’incombere della sfiga

busto palaghiaccio campus antonelli

Il progetto del Campus bustocco di Beata Giuliana (palaginnastica, palaghiaccio e annessi e connessi) rappresenta l’intervento più qualificante e oneroso del mandato amministrativo di Emanuele Antonelli. Ma anche il più complicato e rischioso sotto diversi punti di vista, a cominciare dalla sostenibilità finanziaria: ventidue milioni di euro da impegnare attraverso procedure burocratiche complesse come il project financing, che inchiodano Palazzo Gilardoni e futuri vincitori del bando per la realizzazione delle strutture sportive per una trentina d’anni. Mai come in un caso del genere è necessaria la chiarezza, la tanto invocata e sbandierata trasparenza che garantisca un intervento a “carte scoperte”, che tutti possono vedere e capire. Per fare argine a sperperi e lacrime di coccodrillo in futuro.

Scenari normali in contesti politici normali; un po’ meno a Busto Arsizio dove vige un regime gestionale piuttosto dispotico, del “posso e comando” anche su questioni che richiederebbero invece il massimo coinvolgimento delle forze politiche e non solo. Tanto più in vicende come quelle riguardanti il Campus, esposte a intoppi e inghippi di ogni genere. Proprio attorno al palaghiaccio aleggiano i devastanti precedenti, campanelli d’allarme che metterebbero in apprensione chiunque.

Soprattutto alla luce dei dubbi per la consistenza societaria di una delle imprese che operano nelle decisive fasi iniziali dell’intervento di Beata Giuliana. Nulla di penalmente rilevante (ci mancherebbe), molto da spiegare rispetto a episodi fallimentari e a repentine rinascite che non depongono per un sereno cammino. Ci sbagliamo? Saremmo i primi a rallegrarcene se così fosse. Ma qualcuno ha il dovere di aprire i cassetti e mettere sul tavolo tutte le spiegazioni e le rassicurazioni possibili. E qualcun altro, nella fattispecie le segreterie dei partiti, ha il dovere di pretendere che ciò accada, invece di sonnecchiare sul problema o, peggio, di fingere che non esista. Partiti di minoranza e partiti di maggioranza, in primis la Lega, che ha il coltello dalla parte del manico ma a volte pare non saperlo. Vero, voci dissonanti rispetto alle versioni ufficiali ne sono arrivate. Alcune, quella di Italia Viva ad esempio, hanno di fatto sollevato il coperchio. Altre, come l’indefinito e composito gruppo civico che sostiene la giunta o Busto al centro, si sono fatte sentire, ma non hanno affondato il coltello, per mera opportunità o perché privi di reale forza condizionante. Ci chiediamo: dov’è nella fattispecie il Partito democratico? Dove sono i giustizialisti grillini?

Eppure, in gioco c’è la credibilità di tutta l’amministrazione civica, non soltanto del centrodestra o dell’arrembante e spesso reticente primo cittadino, portabandiera del “faso tuto mi”. Con risultati non sempre lusinghieri: vogliamo parlare dello stato di piazza Vittorio Emanuele o del flop delle luminarie natalizie? Per non dire di tutte le opere annunciate e rimaste lì. Certo, Antonelli minaccia denunce contro chi ha eseguito male i lavori. Ma per il momento sono le Coop ad avere denunciato lui. E’ fattuale, sentenzierebbe Vittorio Feltri. Allo stesso modo della maledizione del palaghiaccio, che vi incombe sinistra da una decina d’anni. Attenzione, con questo non intendiamo affatto portare sfiga all’esecutivo e al suo incupito capo: sul versante amministrativo, la sfiga se la cercano da soli.

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