Busto, l’Aias in streaming. Il dg: «Non potevamo lasciare soli i nostri pazienti»

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BUSTO ARSIZIO – “L’Aias ti aiuta anche a casa“. In streaming. Da due settimane il centro di riabilitazione, che porta il nome del suo fondatore Annibale Tosi, ha dovuto riorganizzare tutta l’attività di assistenza ai proprio pazienti. Anche se le misure di prevenzione contro la diffusione del coronavirus sono state adottate fin dal 24 febbraio scorso. Ovvero quando ancora la situazione non appariva così grave. Un lavoro non semplice, anche per via delle problematiche dei pazienti e dei percorsi riabilitativi che ognuno di loro sta seguendo. E che ha costretto dirigenti, medici e operatori sanitari a una sforzo personale e professionale davvero importante. «Che però – spiega il direttore generale Alessandro Valtolina – sta dando buoni risultati».

I pazienti non sono soli

«Abbiamo subito capito che la situazione sarebbe presto diventata complicata – esordisce Valtolina – tanto che già a febbraio abbiamo sospeso alcune attività come quelle di gruppo e tutelato i nostri pazienti più fragili e anziani. Ed è stato da quel momento che abbiamo iniziato a ragionare su come portare avanti, anche nell’emergenza, i percorsi riabilitativi». Un lavoro anche di riorganizzazione non semplice, che Alessandro Valtolina ha condotto grazie alla disponibilità di tutto lo staff di Aias e alla competenza del direttore sanitario Gemma Donati, la quale, dopo poco più di un mese dall’inizio del suo lavoro nel centro di Busto, si è trovata a organizzare e gestire una situazione inimmaginabile prima di allora.

«Il problema più grande che ci siamo posti – spiega Valtolina – è stato cosa avremmo potuto fare per non lasciare soli i nostri pazienti. Sia sotto il profilo riabilitativo, sia sotto l’aspetto delle relazioni umane. Si tenga conto che abbiamo gente che viene da noi 2 o 3 voltela settimana e quindi l’aspetto relazionale medico – paziente è molto importante». Un’aiuto in una situazione del genere lo dà certamente la tecnologia: dalla tradizionale telefonata, poiché in alcuni casi specifici per i quali l’attività a distanza non è possibile, alle sedute psicologiche o riabilitative via Skype o con altre piattaforme che garantiscono lo streaming. «Purtroppo – continua Valtolina – non è possibile impostare l’attività in remoto per tutte le patologie che seguiamo. Abbiamo fatto un’analisi approfondita delle diverse tipologie dei nostri pazienti, anche sulla base delle disabilità e dei gradi di gravità delle situazioni e per ognuno abbiamo cercato di impostare un percorso alternativo che ci permetta di mantenere contatti e cure. In questo momento è importante far sentire la nostra vicinanza anche alle famiglie».

Sacrifici professionali ed economici

Non si può però dimenticare che la riorganizzazione dell’attività ha un costo. E il conto non è certo leggero, anche se a fronte del bisogno nessuno ha avuto dubbi su quale fosse la cosa giusta da fare. Sia i dirigenti, sia lo staff sanitario. «Certo – spiega Valtolina – se dovessi guardare solo ai conti, dico che questa emergenza proprio non ci voleva. Il 2020, infatti, sarebbe stato l’anno del ritorno in pareggio del bilancio. Purtroppo credo che non sarà così, visto che il progetto “Aias ti aiuta anche a casa” ha un costo di circa 25 mila euro la settimana, se calcoliamo anche le mancate entrate». Sacrifici anche per i 31 dipendenti Aias dello staff, per i quali è già stata attivata la richiesta di ammortizzatori sociali, ovvero la cassa integrazione, poiché in questo momento si lavora (a distanza) un giorno su cinque.

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