Filippo Ganna al Giro d’Italia, un fenomeno tutto da scoprire

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Non finisce di stupire Filippo Ganna, il ragazzone di Verbania che ha vinto la cronometro iniziale di questo Giro d’Italia con la maglia di campione del mondo e che poi su quell’iride ha messo la maglia rosa simbolo della corsa. Dopo aver conquistato la Sicilia, Ganna ha deciso di mettere la sua firma anche in Calabria, a Camigliatello Silano, località d’arrivo della quinta tappa. Sulla Sila, tra la pioggia e il freddo, Ganna ha alzato il pugno al cielo e poi, è apparso il suo sorriso e il bacio sulla maglia, per ricordare a tutti, che lui è un uomo della Ineos-Grenadiers, un corridore diventato grande grazie alla sua squadra.

Come è arrivata la sua vittoria?
«E’ stata molto dura veramente. Non era una tappa adatta a me e abbiamo faticato molto. Non pensavo di poter vincere ed ero convinto che nel finale mi sarei staccato e invece non è stato così. Dopo una quarantina di chilometri sono riuscito ad andare in fuga con Salvatore Puccio. Salvatore è stato fondamentale per me, è stato lui a dirmi tante cose, anche come alimentarmi. È stato veramente la mia colonna, mi diceva quando mangiare, quando bere e anche quando dovevo tirare meno. Se Salvatore non è un leader della classifica ma è sicuramente un leader in squadra».

Come sono stati gli ultimi chilometri di corsa?
«Sono stati difficilissimi, perché io non sono uno scalatore e quindi come in una cronometro ho dovuto rilanciare continuamente, mantenendo però la calma. Nel finale ho messo un po’ di cattiveria perché la gamba non era quella dei giorni scorsi, dove mi sentivo benissimo. Vi dico che ho perso le calorie che di solito consumo in tre giorni, ieri sera mi sono meritato un po’ di cioccolata».

Cosa ha pensato nel momento in cui sul traguardo ha alzato il pugno e baciato la maglia?
«Ci sono tanti campioni da cui imparare e nel momento in cui c’è Geraint Thomas, che la sera prima della tappa, ti manda un messaggio dicendoti di andare in fuga, ti dà quella grinta in più che altrimenti non avresti. Poi ho pensato a Salvatore Puccio e a quello che ha fatto per me in gara. Se sono riuscito a fare tanto è perché ho avuto una squadra che mi ha dato la possibilità di farlo».

Nei suoi obiettivi ci sono le Olimpiadi e la Roubaix. Dopo la vittoria di oggi, ha parlato con Dave Brailsford sulla possibilità di diventare un uomo adatto ai grandi giri?
«Con Dave ho parlato questa mattina  (ieri, ndr) insieme agli altri, ci ha chiesto di andare in fuga e vincere la tappa. E’ quello che ho fatto e credo di averlo reso felice con questo risultato. Per quanto riguarda il futuro spettiamo a fare nuovi programmi».

Ha vinto da solo, in solitaria. Non succede spesso: in corsa ha pensato a questo?
«Non si vince tutti i giorni e sicuramente con più difficoltà si vince da soli. Sono riuscito a mantenere la calma e a prendere questo risultato. Ho cercato di non prendere troppi rischi, in particolare in discesa, dove troppe volte ho visto i muretti veramente vicini a me. Sono andato al limite ma ne è valsa la pena».

Quali sono i suoi limiti?
«Alla fine non è da tanto che sono professionista e forse in molti penseranno che io sono il Remco di turno, che alla seconda corsa vince sempre di più ma non è così. Io preferisco rimanere tranquillo senza montarmi la testa. Da domani ci focalizzeremo sul prossimo obiettivo che sarà sicuramente la prossima cronometro. Sto crescendo e so che devo arrivare con calma sulle cose».

Lei prima di correre in bici ha fatto pallavolo e pallacanestro. Non ha pensato di essere troppo alto per andare in bici?
«È vero, ho provato altri sport prima di fare ciclismo, ma la bici ha vinto su tutto, era questo il mio sport. Peso 82 kg e sono alto 193 centimetri, non è facile portarsi dietro un peso come il mio sulle salite. All’inizio dell’ultima salita pensavo di staccarmi invece sono riuscito a resistere e a vincere».

Lei nelle ultime ore ha parlato molto di Salvatore Puccio, che rapporto c’è tra voi?
«Salvatore è stato meraviglioso con me. Corriamo da tanti anni insieme e non è solo un compagno di squadra, lui per me è come un fratello maggiore, sa come trattarmi ed ha sempre la parola giusta per farmi sentire meglio, sia in corsa che fuori. Per questo quando oggi ho vinto ho pensato anche a lui, perché siamo stati uno alla ruota dell’altro ed è anche grazie a lui che oggi ho vinto».

Articolo a cura della redazione di Tuttobiciweb

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