Sicurezza in corsa, ormai è tutti contro tutti

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Dopo le parole, il gruppo passa ai fatti. Visto che la lettera aperta di Gianni Bugno all’Unione Ciclistica Internazionale a seguito dell’incidente occorso a Fabio Jakobsen al Tour de Pologne non ha scosso le coscienze di chi guida il ciclismo mondiale e le cadute si susseguono con conseguenze pesantissime per gli atleti, questi hanno deciso di incrociare le braccia.

Ieri mattina al Criterium du Dauphiné il CPA (il sindacato internazionale dei corridori) ha chiesto di neutralizzare i primi 10 km di discesa della quinta tappa della corsa francese, contestando la pericolosità del percorso della 4° tappa di questa stessa corsa.

Con questo gesto i corridori vogliono lanciare un segnale di protesta agli organizzatori e all’UCI in riferimento anche alle gravi cadute e agli incidenti che si sono prodotti nelle ultime corse, chiedendo una maggiore attenzione alla loro sicurezza.

Il CPA chiede all’UCI e a tutte le parti del ciclismo l’istituzione di una tavola rotonda per affrontare la revisione dei regolamenti a fin che siano di concreto effetto sia a livello di prescrizione che sanzionatorio nei confronti degli organizzatori, per tutelare al massimo l’integrità fisica dei corridori e consentire lo svolgimento del loro lavoro in maggiore sicurezza.

Sì ma… anche le squadre sono pronte a scendere in campo. Stavolta con una proposta decisa, concreta, interessante. Ne ha parlato sempre ieri mattina Richard Plugge, manager del team olandese Jumbo-Visma, prima della partenza dell’ultima tappa del Delfinato. «Ci vuole più sicurezza per i corridori – spiega Plugge che ieri ha visto cadere e poi ritirarsi Steven Kruijswijk e Primoz Roglic -. Ne ho parlato a lungo con gli altri team leader e siamo concordi, non possiamo continuare a esporre i nostri corridori a pericoli evitabili. Ora basta, non abbiamo più fiducia nei controlli organizzati dall’Uci».

Oggi infatti sono la stessa UCI e il CPA a controllare se una gara soddisfi le condizioni di sicurezza. «Bisogna cambiare. Uno dei nostri caschi viene testato 1.000 volte, non possiamo accontentarci di chi ci dice che un percorso sarà controllato. Abbiamo bisogno di altro. Vogliamo essere sicuri che l’ultimo chilometro, per esempio, sia nelle condizioni di ospitare uno sprint di gruppo, ma anche che le transenne siano posizionate in modo corretto (Plugge è il manager di Groenewegen, non bisogna dimenticarlo, ndr). Per questo vogliamo l’intervento di una società esterna, ci auguriamo che possa essere attiva già nella prossima stagione. Un’azienda che possa dire all’organizzazione: “devi fare meglio, questo non basta”. Se lo dici prima, puoi garantire una maggiore sicurezza ai corridori».

Articolo a cura della redazione di tuttobiciweb

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