CORONAVIRUS Attenzione, i conti non tornano

E se l’emergenza sanitaria non fosse tutta colpa del coronavirus? Abbiamo esaminato i dati e guardate cosa emerge

La notizia è sconcertante: su 355 cartelle cliniche sinora verificate sarebbero solo 3 le persone decedute in Italia a causa esclusivamente del coronavirus, cioè senza altre patologie pregresse che ne spieghino la fine. Tutte le altre avrebbero avuto quindi gravi malattie che, purtroppo, sono state concausa del decesso. L’indicazione arriva dall’Istituto superiore di Sanità, la massima autorità italiana, che ha appunto esaminato 355 cartelle compilate dai medici dopo i decessi e il risultato che emerge – riportato nel comunicato stampa ufficiale n.22 dell’Istituto superiore di Sanità – e pone seri interrogativi sull’infezione.

Molti lettori sono rimasti perplessi e hanno reagito male a questa notizia. Ma tanté. Chi vuole approfondire può leggere il comunicato ufficiale dell’Istituto superiore di Sanità (clicca) e il rapporto completo (clicca) che mostra anche un altro dato importante: l’età media dei primi 355 pazienti deceduti è 79 anni e mezzo, ma fra questi 17 persone con meno di 50 anni.

Non bisogna quindi abbassare la guardia. E’ fondamentale proseguire secondo le ormai ben note disposizioni contenute nei decreti del Governo e le indicazioni fornite dalle autorità sanitarie e dalla protezione civile, le quali hanno però anche dimostrato che c’è una certa confusione. Come hanno segnalato diversi lettori, ieri il commissario per l’emergenza Angelo Borrelli ha dichiarato nella consueta conferenza stampa di aggiornamento sul covid-19: “Non risultano difficoltà nelle terapie intensive. E’ evidente che ci siano attività impegnative e sostenute, che tutti i medici siano occupati e si lavori in modo sostenuto, ma a noi non risultano difficoltà”. Ma come?? Ma se siamo invasi da notizie di ospedali al collasso, da appelli disperati di medici e infermieri, da video con pazienti rianimati nei corridoi? Abbiamo verificato e l’Ansa riporta integralmente la dichiarazione di Borrelli che lascia francamente sconcertati (clicca).

La comunicazione globale di queste settimane ha generato una psicosi collettiva: è filtrato il concetto che il covid-19 è letale per il 2/3 percento della popolazione in generale. Falso. Il covid è semmai letale per il 2/3 percento della popolazione che “risulta” infetta (dopo il tampone), e non tiene quindi conto di un gran numero di persone asintomatiche o che hanno contratto il virus e hanno accusato – senza darci troppo peso – qualche lieve sintomo. Impossibile calcolare quanti siano, magari una gran parte di tutti noi. La percentuale di decessi rispetto alla popolazione in generale quindi andrebbe ridimensionata e – ad eccezione di alcuni gravi focolai come Bergamo, dove è impressionante la fila di camion militari con le bare – sarebbe poca cosa se paragonata ai decessi per tumore e malattie cardiovascolari che mietono ogni giorno in Italia circa 1.200 vittime (a telecamere spente e nel silenzio generale). Pertanto, se teniamo buono lo studio dell’Oms secondo cui l’80 percento della popolazione colpita è asintomatico, la mortalità è del 2/3% del restante 20%, come già riferito ai nostri lettori nella rubrica di ieri. Se poi aggiungiamo che solo 3 persone su 355 risultano vittime esclusivamente del coronavirus (e non delle altre patologie presenti), la percentuale di decessi “per” coronavirus scenderebbe probabilmente sotto a quella dei sucidi. Ma questo non significa che bisogna abbassare la guardia. Il covid-19 è pericoloso soprattutto per le categorie a rischio (anziani e malati) quindi l’epidemia va contrastata restando a casa.

Abbiamo fatto due conti e qualcosa non torna in merito alla virulenza segnalata dalle autorità sanitarie mondiali. Oms ha dichiarato che il covid-19 è una pandemia che colpirà il 60% della popolazione mondiale. Bene, in Italia siamo 60 milioni e il 60% di 60 milioni fa 36 milioni. Al ritmo attuale di infezioni (4 o 5 mila al giorno in questa fase che NON BENEFICIA ANCORA degli effetti positivi della quarantena, in quanto i malati di oggi si sono infettati 2 settimane fa, prima che scattasse la quarantena) ci vorranno 8mila giorni per far ammalare il 60% della popolazione italiana. Ovvero 22 anni! Ci vorranno cioè 22 anni per contagiare la popolazione italiana secondo le stime dell’Oms. Del resto – pur senza gli effetti benefici della quarantena – non si è registrata finora (certo, potrebbe verificarsi in futuro) una crescita esponenziale delle infezioni. Quindi, stando ai ritmi di crescita attuale, o quelli dell’Oms hanno sbagliato i calcoli – pertanto il concetto di pandemia andrebbe rivisto – o c’è qualcosa che non va nell’allarme e nella psicosi che ne è derivata.

Ultimo dato: il virus sta cavalcando al ritmo attuale di circa 450 decessi al giorno. Considerato che colpisce le fasce più fragili della popolazione (anziani, persone con altre patologie, immunodepressi), e considerato che da anni in Italia si registrano (a telecamere spente) circa 1.200 decessi al giorno per patologie tumorali e cardiovascolari, domandiamo: non è che una parte di quei 450 decessi rientrano nei 1.200 a cui siamo tragicamente “abituati”? Se così fosse, pur considerando la gravità di questa nuova infezione, i numeri andrebbero interpretati decisamente in modo diverso. Quando c’è un decesso, il medico compila la scheda Istat individuando la causa primaria di morte e le concause. Ma sono necessari 2 anni (!) per avere la classificazione dei dati di mortalità. Cioè solo fra 2 anni sapremo se questi decessi avvengono per causa esclusiva del coronavirus o per altre cause, pur in presenza “anche” di coronavirus. C’è quindi la probabilità che fra due anni si scopra che buona parte di questi 450 decessi al giorno rientrano nei 1.200 decessi quotidiani per cancro e malattie cardiovascolari, da sempre considerati – ahinoi – “normali”. Il problema ovviamente è internazionale: né l’Europa né l’Oms hanno mai posto in essere criteri comuni per stabilire in modo univoco le cause dei decessi. Quindi se in Italia un decesso viene classificato per “coronavirus”, magari in Francia viene classificato per “arresto cardiocircolatorio” e in Germania per “un’altra patologia coesistente”. Questo spiega le enormi differenze percentuali di decessi “per” coronavirus. Non è che in Italia si muore di più, è solo un fatto di classificazione. Senza un criterio univoco è il caos e nel caos si prendono spesso decisioni sbagliate.

E in cima a tutto questo ci sono gli eroi: quei medici, infermieri, personale sanitario, operatori del 118 che da settimane lottano, anzi combattono, con l’infezione, in condizioni ospedaliere difficilissime. Ed è questo il punto: la quarantena è necessaria non tanto per contrastare il covid-19 ma soprattutto per l’inadeguatezza delle politiche sanitarie, che da anni impongono tagli alla sanità. Siamo in quarantena nazionale non tanto perché il virus uccide senza pietà ma perché il sistema sanitario non è in grado di gestire un’emergenza, che si chiami coronavirus o in qualsiasi altro modo. Gli ospedali scoppiano, il personale sanitario (i veri eroi) è al collasso, e le immagini hanno fatto il giro d’Italia. Ma non si dice che i posti letto negli ospedali Italiani sono la metà della metà di quelli della Germania (18 mila posti di rianimazione contro i nostri 5 mila). Sia chiaro: oggi più che mai è necessario stare a casa, seguire con scrupolo i decreti del governo, perché con l’impegno di tutti si possano salvare vite umane ed evitare il collasso sanitario. Questo è un dovere morale che sta bel al di sopra di qualsiasi dispositivo di legge. Ma con la consapevolezza che non stiamo tanto combattendo il coronavirus bensì l’inadeguatezza della politica sanitaria e – altrettanto grave – dell’Unione europea (che non esiste), inadeguatezze che il coronavirus ha semplicemente portato a galla. Sono stati provocati gravissimi danni economici e sociali al Paese. E alla fine, in un Paese civile, qualcuno dovrà risponderne.

In cima a tutto questo ci sono gli eroi, come dicevamo prima, molti dei quali hanno pagato con la vita: 14 medici si sono sacrificati per salvare i loro pazienti. A tutti costoro vanno tributati gli onori per l’impegno che hanno profuso e stanno profondendo, nonostante la mancanza di strumenti medicali, posti letto, mascherine, insomma l’essenziale per fare bene il loro lavoro. A costoro va la gratitudine di tutto il Paese: hanno dato e stanno dando un esempio di coraggio, altruismo e generosità che va ben oltre gli obblighi professionali. Persone uniche, che non dimenticheremo.

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