Country e honky-tonk da Busto, Cris Mantello ha fatto tredici

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BUSTO ARSIZIO – «Quelli di rockabilly  e country sono due mondi molto vicini. Ma mentre il primo genere si riferisce di più ai teenager, le atmosfere dolceamare del secondo – e della sua variante, l’honky-tonk – mi permettono di descrivere uno spettro più ampio di emozioni». Dopo l’album di transizione “Keep on rollin’” Cris Mantello (qui sopra in una foto di Damiano Xodo) ha imboccato con “Thirteen” la direzione che più risponde alla sua maturità artistica: il viaggio musicale, allegoria di un profondo percorso interiore, non è solo una raccolta di canzoni partorite dalle capacità compositive del rocker di Busto Arsizio, ma rappresenta una nuova pagina della sua carriera discografica.

Un video a Cuba

Come ha spiegato Mantello, il nome dell’album è stato scelto per due ragioni: «Tra singoli, dischi e uscite con altre formazioni sono giunto alla tredicesima pubblicazione; inoltre nella tradizione anglosassone il tredici è considerato un numero portafortuna». La cifra ricorre anche nel totale delle canzoni, alle quali sono dedicate le puntate online di “Thirteen Tales”: «Adesso non ci sono i live e questo offre più tempo per parlare della storia dietro ogni traccia; ma voglio raccontare anche i brani di altri». Se il video di “Don’t use your heart” ha fatto da apripista, come suo successore era previsto un singolo «completamente diverso, dal taglio più allegro e spensierato: progettavamo di girarlo a ottobre, al festival della cultura italoamericana a Cuba. Sarei il primo artista a portare la musica country nell’isola, l’idea era di riprendere le reazioni dei presenti; spero di poterlo realizzare ancora».

La musica degli ultimi

Allievo di Raf Montrasio, il chitarrista di Renato Carosone, e “americano per passione”, grazie ai film western e all’equitazione a dodici anni Mantello ha trova in country, hillbilly e rock’n’roll, i suoi punti di riferimento musicali, interpretati con fedeltà allo stile degli anni Cinquanta. Il culto per musicisti come Hank Williams, Johnny Cash, Buck Owens e Dwight Yoakam, insieme alla continua ricerca dell’autenticità del sound, ha portato l’artista, che vive e lavora tra Italia e Svizzera, a esibirsi in Austria, Germania e Spagna. Mentre “Keep on rollin’” mostrava le possibili vie da intraprendere, per “Thirteen”, uscito a fine febbraio, è stato scelto l’honky-tonk: «A differenza della più patinata Nashville, il suo cuore era Bakersfield, centro di raccolta dei diseredati che da est si mettevano in viaggio alla ricerca di lavoro. Il country era la musica degli ultimi, cioè i messicani, i neri o i bianchi detti “okie” che all’epoca raccoglievano il cotone nei campi».

Bourbon e sogni infranti

Come ha spiegato Mantello, l’album è «un cocktail a base di bourbon e sogni infranti che strapperà a volte un sorriso e spesso una lacrima». Il sound della tradizione americana «trasporterà attraverso tempi e luoghi, sospesi tra un bel sogno e un’arida realtà: partendo da Nashville, Tennessee, in direzione ovest, la strada per Bakersfield è lunga e solitaria. Oltre duemila miglia attraverso Mississippi, Oklahoma, Texas, New Mexico, Arizona e, se eviti di deviare per Las Vegas, dopo circa trenta ore di viaggio, ecco la California: le radio ti offriranno una vasta scelta di ottima musica per farti compagnia, ma, ahimè, non sempre la ricezione è buona lungo questo desolato percorso. “Thirteen” è il compagno di viaggio ideale, tra i tramonti nel deserto e le albe sulle pianure delle riserve indiane. È questa la sua anima, di un disco un po’ rude e solitario, un po’ triste e malinconico, come nella migliore tradizione honky-tonk. È un viaggio nel profondo, tra quello che è stato e non è più e quello che, forse, mai sarà».

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