Italiani in America, Fagnano rende omaggio a New York con un documentario

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FAGNANO OLONA – «Ho cercato di mettere insieme il sacro con il profano, unendo un tema personale a qualcosa di più grande». A ispirare a Filippo D’Angelo “New York I love you” sono stati i ricordi di un viaggio, compiuto nel 1994, per visitare i parenti negli Stati Uniti: nel suo ultimo documentario, online dal 4 aprile, il regista di Fagnano Olona ha reso omaggio alla Grande Mela raccontando l’emigrazione italiana in America. «Spero che emerga il valore storico e sentimentale che ha per me questo lavoro: ci vedo tanta poesia, anche perché c’è tutto ciò che amo, dalla storia della musica alle mie radici. E, una volta terminata l’opera, la città che ne era protagonista stava vivendo il nostro stesso dramma: mi sono sentito ancora più coinvolto, forse è stato un segno del destino».

Stray Cats, disco music, punk e beat

«Si tratta di un progetto che avevo già da parecchio tempo, volevo descrivere New York, che ho sempre amato, attraverso le testimonianze di chi l’ha vissuta: la mia nel 1994, quella di mio padre, che si trasferì lì nel 1970 per lavorare e, infine, quella di Raf Montrasio, chitarrista di Renato Carosone sul quale ho realizzato “Raf Montrasio – Tu vuo’ fa’ l’americano”, nel 1958. L’emergenza del coronavirus, questo grande dramma che stiamo vivendo, mi ha comunque dato la possibilità di riflettere e mettere in ordine un po’ di idee: mi sono reinventato del materiale che avevo per parlare della poesia della metropoli, connessa però alla storia delle mie origini e in qualche modo, a quella un po’ di tutti. Perché nel documentario si parla, per esempio, degli Stray Cats così come di David Mancuso, l’inventore della disco music, della comparsa degli autori beat alla Columbia University negli anni Quaranta quando lui era un bambino in orfanotrofio o, ancora, l’infanzia dell’attore Spike Polite. Insomma, vengono messi insieme tanti aspetti di New York però attraverso storie personali, come succede con il mio racconto».

Charlie Parker e Jack Kerouac

«C’è stato anche un elemento di spontaneità: è stato possibile sfruttare il tanto tempo libero per dare vita alla creatività. Mancava solo l’intervista a mio padre ma, vivendoci praticamente insieme perché abita due piani sotto di me, sono stato in grado di farla; tutto il resto era già in repertorio. Mi è rimasto molto materiale di quello raccolto per il documentario su Raf Montrasio e il sestetto di Carosone, a casa avevo anche l’intervista fatta due anni fa a Spike Polite, punk newyorchese che era venuto in Italia a registrare un disco, perché mio fratello aveva suonato nella sua band durante la tournée. Ho anche utilizzato due spezzoni preparati per un evento al Maga di Gallarate in occasione della mostra sulla Beat Generation: uno con l’intervento dello scrittore Marco Philopat e l’altro con “Charlie Parker” di Jack Kerouac recitata da Monica Matticoli, poetessa che ora collabora con Miro Sassolini, voce storica dei Diaframma».

Dalle Torri Gemelle alla Seattle dei Nirvana

«È un racconto sulla città di New York però non convenzionale, con l’esperienza di mio padre in quei quaranta mesi nei quali innalzavano le Torri Gemelle, stava per scoppiare lo scandalo Watergate ed è anche nato Spike Polite, che era amico del mitico Dee Dee Ramone. Mio padre è poi quasi coetaneo di Raf Montrasio che, la prima volta che andò in America, si esibì con Carosone alla Carnegie Hall dove in seguito suonarono i Beatles, ricordati nel documentario per l’uscita di “Let it be” nel 1970». La musica sarà ancora presente nei futuri progetti di D’Angelo: «Parlarne è difficile, non sappiamo quando finirà l’emergenza. Avevo preparato un filmato per l’appuntamento, poi cancellato, con Bruce Pavitt a Fagnano; ho parlato con Valeria Sgarella, autrice di “Oltre i Nirvana”, per ampliarlo con il suo libro e una parte di “Bloom Movie”, descrivendo così, in modo definitivo, il punto d’incontro tra Seattle, il concerto dei Nirvana a Mezzago e l’Italia di allora. Insieme al giornalista Ottavio Tognola, presente in “Fagnano Football Story”, ho invece intenzione di raccontare Miro Panizza e Donato Zampini, campioni che hanno scritto la storia del ciclismo del nostro paese».

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