Daniele Garbo: “Giusto ripartire col campionato. Juve favorita”

Un passaggio virtuale tra il calcio degli anni Ottanta e i giorni nostri attraverso le parole del mitico giornalista delle Reti Mediaset, ora in pensione, Daniele Garbo. Il giornalista padovano ha raccontato una serie di aneddoti imperdibili sui personaggi del calcio. Dall’intervista “fantasma” a Maradona, a Cesare Maldini al rapporto con Totti. L’Under21 e Pep Guardiola.

Che ne facciamo di questo campionato?

Credo che una federazione abbia l’obbligo di chiudere un campionato, fermo restando che i tempi li detta il Coronavirus. Non dimentichiamo che il calcio è la terza azienda del paese e che dà da mangiare a un sacco di gente. Credo che anche per questo motivo vada fatto tutto il possibile per portare a termine la stagione. Obiettivamente chi dice chiudiamola qua non lo capisco.

Che calcio ritroveremo dopo l’emergenza?

Mi auguro che si prenda questa come un’occasione per costruire un calcio migliore più sostenibile, più logico. Le società dipendono per il 65% dai diritti televisivi e non è più sostenibile un fatto del genere. Cosa accadrebbe il giorno in cui dovessero ridursi i diritti, oppure nel caso in cui dovesse fallire la società che li eroga?
Il calcio si dovrà riorganizzare. Servono società con bilanci seri. Con tutti i soldi piovuti sul calcio si sarebbero potuti costruire non uno, ma due stadi di proprietà ciascuno. Credo sia un’occasione di fare pulizia. Alla fine però ci credo poco, perché credo che i nostri dirigenti non abbiano voglia di fare alcuna rivoluzione.

Campionato falsato dal punto di vista sportivo?

È già falsato, le condizioni iniziali ormai non ci sono più. Basti pensare alle squadre che hanno giocato all’andata in trasferta certe partite e ora al ritorno dovranno rigiocarle in casa senza pubblico.

Chi ne avrà un vantaggio nella lotta scudetto?

È chiaro che giocando a tappe forzate ogni tre giorni, chi ha una rosa più lunga è certamente più avvantaggiato. Una squadra come la Juve con una rosa così ricca è favorita rispetto alla Lazio che ha invece una rosa molto più corta. La Lazio nella normalità avrebbe avuto il vantaggio di giocare una partita alla settimana. Adesso non avrà più questo beneficio.

Il giocatore più ha amato da cronista sportivo?

Ho avuto il privilegio di raccontare il più grande della storia del calcio, Diego Armando Maradona. Aldo Serena su Twitter ha detto una cosa che condivido: il Maradona calciatore era grande in tutto, era un vero numero 10. Un grande leader. Trattava tutti allo stesso modo. Era rispettato dagli avversari. Prendeva 50 falli a partita e non si lamentava mai. Il suo linguaggio non lo parlava nessuno. Trattava tutti i giornalisti allo stesso modo. Di un disponibilità incredibile

Come quella volta che riuscì a intervistarlo, scortato da un sacco di agenti?

Nel 1989 era in polemica con Ferlaino che gli aveva promesso dopo la vittoria della Coppa UEFA che lo avrebbe fatto andare a Marsiglia. Lui non si presentò al raduno perché si era sentito tradito: era rimasto a pescare dorados in Argentina per tutta l’estate. Andai a Lisbona per fare Sporting-Napoli. Dopo la partita fece un po’ di giri di campo. Ero da solo nello spogliatoio. Volevo intervistarlo. Era interessante capire cosa avesse da raccontare visto che di ritorno dall’Argentina nessuno lo aveva mai intervistato. Uscì Maradona dagli spogliatoi. Diego mi conosceva, avevamo un ottimo rapporto. In quel periodo avevo trascorso molto tempo a Napoli. I poliziotti non mi fecero avvicinare ma lui disse di fermarsi. “Vieni Daniele” e feci un’intervista di 7-8 minuti. Rientrai su Milano e scoprii che era stato proclamato uno sciopero dei giornalisti. Io non lo sapevo perché all’epoca non c’era neanche il cellulare. Un’intervista che non andò mai in onda. Un grosso dispiacere professionale.

Maradona che le disse in quella intervista?

Mi spiegò perché era arrabbiato. Poi quell’anno vinse lo scudetto. Quando vedevi Maradona ti rendevi conto che era un giocatore di un altro pianeta.

La partita più incredibile che ha raccontato?

Napoli-Fiorentina 3-2 al San Paolo. La ricordo per due cose eccezionali: credo di aver visto dal vivo il gol più bello in assoluto, una serpentina di Baggio magistrale. E poi Maradona che sbagliò un rigore. Fiorentina avanti di due gol, ma poi il Napoli la ribaltò nonostante l’errore di Maradona.

È stato uno dei primissimi a intervistare Totti..

Lui esordì con Boskov e poi Mazzone lo fece crescere ulteriormente. Con Mazzone avevo un ottimo rapporto. Prima della partita, una trasferta della Roma, mi disse vieni qui verso le 14 per l’intervista di rito da mandare a Guida il Campionato il giorno dopo. Gli chiesi di poter intervistare il ragazzino. Mi disse che era troppo timido e che era meglio lasciarlo tranquillo. Poi dopo una certa insistenza acconsentì. Gli disse “puoi fidarti di lui è un giornalista ma è una persona seria”. Quella frase mi fece sorridere. Gli feci la prima domanda, Totti arrossì, si bloccò e decidemmo di rifarla. L’ha vista come una forma di attenzione nei suoi confronti. Da lì nacque un rapporto di simpatia. Quando fece un ricevimento a Trigoria prima del matrimonio diede delle bomboniere si giornalisti e mi presentò Ilary dicendo la stessa frase di Mazzone: è un giornalista ma è una persona perbene.

Lo stadio più suggestivo in cui ha raccontato una partita?

Ce ne sono due. Quello in assoluto più suggestivo senza dubbio Anfield a Liverpool.
Un’atmosfera pazzesca. La prima volta fu per un Liverpool-Barcellona, ma non fu per lavoro. Il mercoledì avrei dovuto seguire Manchester United-Sporting Lisbona. Siccome sapevo che la sera prima ci sarebbe stata Liverpool-Barcellona decisi di partire prima. Successe un disastro. Il volo cancellato. Andai a Fiumicino e mi dissero che avevano trovato un nuovo volo con la British e atterrai a Londra. Poi mi mossi verso Liverpool in treno dopo tre ore di tragitto. Salii le scalette un minuto prima della partita. Fu incredibile. La prima partita di lavoro ad Anfield invece fu Liverpool-Benfica. Uno stadio da brividi.
L’altro stadio che mi è rimasto nel cuore è Old Trafford. Ci andai anche per il 7-1 con la Roma. Partimmo tardi per un ritardo di un collega. Mancava oltre un chilometro quando restammo imbottigliati nel traffico. Io e il collega Angelo Mangiante decidemmo di scendere per raggiungere di corsa lo stadio poiché avremmo dovuto fare un collegamento prima della partita e non c’era tempo. Entrammo di corsa in sala stampa mostrando il pass e facendo appena in tempo il collegamento dopo una corsa folle tra i tifosi della Roma e i poliziotti. Tutti volevano parlare con Totti a fine partita e lui da capitano venne poi ai nostri microfoni. Fu una notte complicata.

Allenatore più amato?

Ho avuto rapporti buoni quasi con tutti, ho avuto un rapporto eccezionale con Cesare Maldini. L’ho seguito durante i suoi anni d’oro in Under21. Nel ’94 giocammo le finali in Francia. Domenech disse alla vigilia che Maldini giocava un calcio arcaico. Noi vincemmo la partita e lui andò verso Domenech. Per fortuna fu fermato prima sennò chissà cosa sarebbe scoppiato.
Domenech fu arrestato successivamente per bagarinaggio. Nel biennio successivo in semifinale giocammo ancora con la Francia. Gli chiesi in conferenza se dopo i trascorsi con Domenech la situazione si era ricomposta e lui mi rispose che non aveva intenzione di parlare dei bagarini. Mi è rimasto nel cuore, personaggio straordinario.

In cosa è cambiato il calcio?

Il calcio che ho raccontato io era il passaggio dal calcio romantico di una volta a quello ultratecnologico di oggi. Ora viene tutto omogeneizzato, standardizzato. Ai miei tempi era possibile parlare con un giocatore. Chiedevi alla società e non c’erano problemi. Il rapporto è diventato molto meno interessante. Tutti adesso hanno le stesse cose. Credo sia anche meno divertente.

Chi vorrebbe intervistare adesso?

Mi piacerebbe intervistare Messi. Per gli allenatori ho avuto la fortuna di parlare con Guardiola. Un giorno gli dissi che ci eravamo conosciuti quando giocava alla Roma e lui mi rispose “forse volevi dire quando non giocavo alla Roma”. Un allenatore di oggi che mi piace molto è Klopp, il suo modo di esprimersi, lo trovo molto positivo per l’ambiente.

Sui presidenti invece?

Il mio calcio era più ruspante, c’erano personaggi pittoreschi. Una volta le squadre erano di proprietà italiana. Sta cambiando la geografia del calcio. Uno come Lotito ad esempio ci sarebbe stato bene in quegli anni. È un dirigente che avrebbe fatto la fortuna dei cronisti dell’epoca. Faccio un Cagliari-Lazio, gara molto pericolosa per la classifica. Vinse la Lazio. I giocatori non lo fecero entrare perché alla vigilia disse cose pesanti contro la squadra. Me lo ritrovai al posto di fianco sul volo di ritorno: per un’ora non smise mai di parlare. Incontenibile.

Scudetto e Champions come finisce?

Come dicevo Juve favorita. Mentre per la Champions credo che la lotta possa essere ristretta a un duello tra Roma e Atalanta. L’emergenza che ha colpito Bergamo e i suoi abitanti potrebbe penalizzare l’Atalanta.

Chi retrocede secondo lei?

Il Brescia e la Spal mi sembrano compromesse. L’ultimo posto è una corsa tra Lecce, Genoa, Sampdoria, Udinese e Torino. Prima dello stop il Toro mi sembrava quello messo peggio con il Genoa in grande rinascita. Ora però le carte vengono completamente rimescolate.

Daniele Garbo Juve-MALPENSA24