Africa, la diplomazia del vaccino cinese

Effetto covid: soft power o neocolonialismo di Pechino?

di Emma Brumana e Carlo Pedroli

Il continente africano rappresenta, da sempre, un’importante pedina nello scacchiere mondiale, nel quale la Cina è diventata uno dei leader più influenti. L’Africa è al centro della competizione internazionale dall’epoca coloniale. Negli ultimi due decenni, però, agli attori tradizionali come Europa e Stati Uniti, si sono aggiunti nuovi competitors.

Non solo le superpotenze economiche come la Cina, ma anche i paesi emergenti sono attratti dalle risorse materiali del continente e dalla sua importanza strategica nel panorama geopolitico mondiale. Avere accesso al mercato africano permette sia l’acquisizione di materie prime, sia la possibilità di intervenire direttamente per controllare fenomeni come le migrazioni e il crescente fondamentalismo islamico. Secondo molti studiosi, infatti, le divisioni e i conflitti nati in Medio Oriente e nella zona indo-pacifica hanno forti ripercussioni anche nel continente africano.

Soft power o neocolonialismo cinese?

Ad oggi, la Repubblica popolare cinese è considerata la maggior rappresentante della politica del soft power. Questo termine venne coniato da Joseph S. Nye Jr. alla fine degli anni novanta. Il politologo statunitense teorizzò che fosse un complesso meccanismo di interdipendenze a permettere alle superpotenze di governare de facto l’atlante geopolitico. Il soft power è in contrapposizione al potere duro o coercitivo, in quanto si affida alla politica e alla diplomazia per attrarre nuovi partner attraverso risorse immateriali come la cultura, i valori e le istituzioni. E la sanità.

Sempre più numerosi, però, sono gli analisti che sostengono che le azioni condotte dal governo cinese in Africa siano delle vere e proprie politiche neocoloniali. L’incursione economica e politica della Cina nella maggioranza degli Stati africani non ha eguali. La sua espansione ha segnato un momento epocale nelle relazioni internazionali. Infatti, gli scambi economici, i prestiti e gli investimenti, la costruzione di infrastrutture e di basi militari, hanno notevolmente cambiato gli equilibri geopolitici della regione. Nel 2000 è stato creato il FOCAC – Forum della cooperazione cino-africana – che ha come obiettivo il controllo dei rapporti tra i due attori. Fino a oggi si sono verificati sette incontri, di cui l’ultimo a Pechino nel settembre 2018, nel quale hanno partecipato 53 su 54 stati africani. In pratica l’intera Africa.

L’effetto covid-19 e la diplomazia del vaccino

La dipendenza del continente africano nei confronti di Pechino è aumentata vertiginosamente dopo lo scoppio della pandemia di covid-19. Questa nuova situazione si è presentata agli occhi della potenza asiatica come l’ennesimo opportunità per radicare la propria presenza politico-economica all’interno del continente africano. La strategia cinese definita soft power si addice anche alla dimensione sanitaria: il potere politico della diplomazia del vaccino cinese sta, appunto, nella nazionalizzazione degli aiuti sanitari. Muovendosi in maniera tempestiva, una volta isolato il focolaio di Wuhan, la Cina ha bruciato sul tempo i concorrenti occidentali inviando personale, vaccini, tamponi, mascherine nei paesi africani con reddito più basso. Questo ha garantito al paese di Xi Jinping un ottimo ritorno d’immagine; il prestigio internazionale della Cina uscirà, con tutti i pronostici, rafforzato a fine pandemia. Il 6 febbraio un aereo carico di vaccini Sinovac, il vaccino prodotto nella repubblica popolare cinese, è atterrato all’aeroporto di Addis Abeba, in Etiopia. A gestire la rotta aerea è Jack Ma, fondatore e presidente del colosso di e-commerce Alibaba, che nel mese di gennaio ha stretto un accordo con Ethiopian Airlines al fine di garantire un ponte aereo, adibito al trasporto di farmaci termosensibili, da Pechino all’Africa. Questa notizia è stata accolta positivamente visto il numero sempre crescente dei contagi e della scoperta della nuova variante “africana”. Tuttavia, questo non fa che confermare il crescente stravolgimento dell’assetto geopolitico del continente: il primo e unico “alleato” economico dei paesi africani è il paese di Xi Jimping.

La risposta dell’Oms è arrivata con un mese di ritardo rispetto a quella cinese. In collaborazione con Unicef, l’Organizzazione mondiale della sanità ha lanciato il piano Covax per prevenire e limitare la diffusione del virus nel continente nero. Piano che, durante la crisi sanitaria nell’emisfero nord del mondo, ha stentato ad attivarsi in Africa e che ora, con la consegna lo scorso 2 marzo di un milione di dosi in Costa d’Avorio e Ghana, segna finalmente una svolta, seppur tardiva rispetto alla tempestiva risposta cinese.

L’influenza, già ampiamente diffusa, del colosso asiatico nell’economia del continente africano, di conseguenza non potrà che divenire ogni giorno più stringente. Il piano cinese, una sorta di neocolonialismo fondato sul controllo non coercitivo delle nascenti economie africane e delle proprie risorse, si fa, quindi, sempre più concreto.

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