Emozioni Colbrelli: l’annuncio del ritiro, il futuro, la Roubaix, la voglia di ripartire

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Claudio Marra parla, Sonny non ce la fa. «Questo ritiro è nato dopo tanti mesi di sofferenza e pensieri, però ho voluto riflettere, parlare con la mia famiglia e vedere se valeva la pena o no continuare…». La voce s’incrina, prima di spezzarsi in un composto pianto. A quel punto è lui, Davide Cassani a prendere il microfono. «Sonny è stato il primo mio corridore che ha vinto con la maglia azzurra nel 2014, a Prato. È stato il mio primo capitano a Ponferrada nel 2014, quando per pochi metri non riuscì a stare nel gruppetto che poi si è giocato il titolo (Sonny, 13°, ndr). È stata l’ultima persona che mi ha regalato una gioia immensa da commissario tecnico: il titolo europeo. La sua carriera da corridore corrisponde alla mia storia da commissario tecnico e oggi io sono qui per ringraziarlo. Prima, poco prima di incominciare questa conferenza, gli ho chiesto: Sonny, quando hai maturato l’idea di lasciare l’agonismo? E lui candido: Davide, io non l’ho ancora maturata…».

Davide Cassani parla, Sonny Colbrelli asciuga le lacrime e ascolta rapito, con Claudio Marra il signor FSA che annuisce, con un sorriso fraterno e emozionato. Davide Cassani parla e descrive un ragazzo che conosce bene. Traccia linee immaginarie, che ripercorrono la carriera di un atleta che, passo dopo passo, ha scalato le gerarchie mondiali e l’hanno portato a conquistare un titolo europeo al termine di una contesa fantastica con quel fenomeno di Remco Evenepoel. E poi quella Parigi-Roubaix d’autunno (a ottobre, ndr), un unicum, un Gronchi rosa che vale una carriera e che mannaggia, per lui non è solo un modo di dire.

«Dopo quel 21 marzo la mia vita è cambiata – prosegue Sonny nel suo racconto -. Sei lì in un letto di ospedale e capisci che la tua vita non sarà più la stessa, non sarà facile tornare a fare quello che hai sempre fatto. La bici mi ha dato tanto e mi ha tolto parecchio, però quello che conta è che sono qui. La vita è una sola e va rispettata. Non sono mai stato un Sagan o un Van Aert e nemmeno un Van der Poel, però sono cresciuto pian piano, ci ho messo tanti anni, ma sono arrivato, anche se avrei sperato di andare avanti ancora un po’… Però grazie a Dio ho una grande famiglia, i miei bambini. Al mattino il mio pensiero è sempre lo stesso: Sonny cambiati e vai in bicicletta! Adesso non è più così, però va bene lo stesso, perché sento una voce che mi dice: Sonny cambiati che c’è da preparare la colazione ai bambini!».

Davide Cassani parla e illustra questo fantastico atleta che ha ancora due anni di contratto con la Bahrain-Victorious. Fa intendere che nella grande famiglia ci resterà eccome e non come un comprimario. La seconda vita di Sonny Colbrelli, dopo l’arresto cardiaco del 21 marzo scorso, parte da Busnago, alle porte di Milano. Stop, basta con le corse. Basta con il numero sulla schiena. Si volta pagina e si riparte più decisi di prima verso nuovi orizzonti, pieni zeppi di sogni da realizzare, anche se il più importante – quello della vita – è stato già centrato.

Nella sede della Fsa Europe di Claudio Marra, sotto gli occhi attenti di Betty, sua moglie, Davide Cassani ha “guidato” ancora una volta il suo pupillo, parlando del suo futuro, di quello che andrà a fare, per il team di Milan Erzen e per i partner tecnici che attorno a questo team ruotano. Sarà ambasciatore di ciclismo e tester d’eccezione, inizialmente consigliere tecnico per la “campagna del nord” e talent scout. «Ho fatto tantissimi esami, non lo nego, però la storia di Christian Eriksen è diversa: il ciclismo non è il calcio – dice Sonny, visibilmente emozionato, ma prontissimo a ripartire di slancio –. In un campo da calcio hai tutti lì ad un passo, il ciclismo è lungo le strade e se quello che mi è successo mi capita in discesa potrebbe essere fatale per me e non solo per me. La bici mi ha dato tanto, ma spero di poter darle ancora tanto anch’io. Se io oggi sono qui è anche grazie alla squadra che non mi ha lasciato solo ed è ancora al mio fianco: non era scontato».

Il Bahrain ha accordi da quest’anno con il Cycling Team Friuli di Roberto Bressan, una delle realtà giovanili nazionali più belle e Sonny potrebbe essere proprio lui l’anello di congiunzione tra queste due realtà. Così come per il Cannibal Team, il cui nome si ispira al grande Eddy Merckx, un club di Under19 che si è fatto apprezzare molto in Belgio nella categoria juniores. «Quando Sonny è arrivato da noi sapevamo che era forte, ma sapevamo anche che aveva un grande potenziale – spiega Vladimir Miholjević, dirigente del Bahrain -: ci vedemmo giusto. Poi c’è stato il fatto del 21 marzo e anche per noi è stato uno choc. All’inizio pensavamo: abbiamo perso un grande campione, un ragazzo che avrebbe potuto vincere tante altre classiche, come il Fiandre, poi abbiamo pensato: no, abbiamo guadagnato un uomo che può essere utile alla nostra causa. Lui non era solo un corridore forte, ma un grande ragazzo, un grande uomo, un punto di riferimento per tutti e dal quale tutti possono imparare. Lo avremo con noi per altri due anni e questo sarà un progetto importante, per lui quanto per noi».

Un nuovo punto di partenza, che ha anche un logo, perché nella nuova vita di Sonny Colbrelli c’è anche un marchio di fabbrica, con tanto di Cobra (disegnato da Jonny Mole, ndr). «Abbiamo deciso di fare questo logo per identificare nel modo migliore il mio nome – spiega Sonny – e partiremo con una bicicletta “Reacto Team” by Merida, che sarà prodotta in solo 71 esemplari, numero che avevo sulle strade della Roubaix».

C’è tutta la sua famiglia, ci sono tutti i suoi affetti, da Adelina ai suoi bimbi Tomaso e Vittoria, dalla mamma al papà (Fiorelisa e Federico, ndr), con Tomas, il fratello. C’è anche Paola Pagani, la sua mental-coach. Sono in tanti alla FSA Europe di Busnago, alle porte di Milano, nel cuore della Brianza. «Il momento più duro? Stare a ruota di Remco Evenepoel al campionato europeo, ma alla fine che soddisfazione… Cosa mi rende orgoglioso? Pochi possono dire di aver vinto come ultima corsa della loro carriera la Parigi-Roubaix». In verità pochi possono dire di averla vinta”.

Articolo a cura di Tuttobiciweb.it

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