Ex Manifattura di Legnano: ecco i vincoli posti dalla Soprintendenza alle Belle Arti

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LEGNANOL’opificio, la ciminiera (fra i simboli della skyline cittadina), gli uffici, il convitto (già Palazzo Cambiaghi) e il villino del direttore: sono questi i beni dell’ex Manifattura di Legnano assoggettati a tutela diretta in quanto dichiarati di interesse culturale dalla Soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio della Città Metropolitana di Milano. Nella foto in alto, il complesso industriale dismesso con in rosso le parti appunto in tutela diretta, cioè immodificabili, e in blu quelle in tutela indiretta, per cui sono invece possibili alcuni interventi urbanistici e architettonici a certe condizioni. Il 28 gennaio è in programma l’apertura delle buste con le offerte per l’acquisto dell’area, strategica perché a ridosso del centro cittadino. Il prezzo base per l’acquisto si è notevolmente ridimensionato nel tempo, passando da più di 21 milioni di euro a meno di 4.

Fedeli: «Finalmente superate le incertezze»

«Da quando si è cominciato a parlare di recupero dell’ex Manifattura – rileva Lorena Fedeli, assessore alla pianificazione territoriale – l’incertezza sul vincolo che avrebbe potuto esprimere la Soprintendenza è stata letta dagli operatori come un disincentivo all’operazione. Appena questa Amministrazione si è insediata ha voluto affrontare il problema, contattando la Soprintendenza per verificare l’iter della pratica e apprendendo che a fine novembre il vincolo si sarebbe concretizzato. Adesso ci sono quindi tutte le condizioni affinché una partita urbanistica di primaria importanza per Legnano, vista la centralità di quest’area, possa finalmente conoscere uno sviluppo».

“Valido esempio di architettura della produzione”

Nella relazione della Soprintendenza si legge che “l’opificio, la ciminiera, gli uffici, il convitto e il villino del direttore rivestono interesse storico artistico particolarmente importante in quanto esempio compiuto di quella che fu in Lombardia l’architettura della produzione, alimentatasi di riferimenti estetici, tecnologici e di organizzazione del lavoro provenienti dall’Inghilterra, affinati e innestati sulla storia e sulla cultura locale, come efficacemente testimoniato sia dalla volontà di riutilizzo di un edificio storico (Palazzo Cambiaghi, trasformato in convitto per le operaie), sia dall’organizzazione planimetrica del complesso, nel suo rapportarsi con la città esistente. Gli immobili sono altresì portatori, nel loro articolato rapporto funzionale, di quel paternalismo industriale ormai maturo che affonda le proprie radici teoriche nell’immediato periodo post-unitario (per cui si parla di proto paternalismo e allorquando spicca la cosiddetta Scuola lombardo-veneta dei Messedaglia e dei Luzzatti, economisti impegnati sia in ambito accademico che sociale), per trovare concretezza agli esordi del Novecento grazie alla volontà di illuminati imprenditori, che crearono nei centri minori delle vere e proprie città-fabbrica, esternazione del rapporto gerarchico tra coloro che vivevano in essa e vi lavoravano”.

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