Formigoni a ruota libera: il carcere, il vitalizio, Cl, la Rai, la sua “storia popolare”

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Roberto Formigoni

MILANO – Un libro per raccontare una “storia popolare”. Facile a dirsi, più difficile che ne percepisca la sostanza, senza fraintendimenti o pregiudizi, l’opinione pubblica, se la “storia” di cui si parla riguarda Roberto Formigoni. Biglietto da visita che tutti conoscono, quello dell’ex presidente della Lombardia. Il Celeste, che ha dominato per diciotto anni – quattro legislature – la Regione, imponendosi per un attivismo sinonimo di concretezza, con risultati inoppugnabili soprattutto nella Sanità, prima del precipizio giudiziario e la condanna definitiva per corruzione.

“Ma io ribadisco la mia assoluta innocenza”, ripete dalla sua abitazione milanese dove sconta gli arresti domiciliari e dove incontra Malpensa24. Per parlare del libro, “Una storia popolare”, appunto, nel quale risponde alle domande del giornalista Rodolfo Casadei (prefazione del cardinale Camillo Ruini, Cantagalli editore); e per raccontarsi ancora una volta rispetto a un percorso politico e umano che ne ha fatto uno dei personaggi di maggior spicco sulla scena pubblica, nel bene e nel male (“Presunto male”), degli ultimi quarant’anni.

Roberto Formigoni

Presidente Formigoni, cominciamo dall’attualità: ieri, martedì 18, la commissione di garanzia del Senato ha deliberato in via definitiva la legittimità del suo vitalizio, che le era stato revocato perché condannato. Una decisione controversa, che ha fatto e fa discutere.
“Diciamo che mi sarà ridata la pensione, non il vitalizio, frutto dei contributi che ho versato negli anni. Diciamo pure che finalmente ha vinto il diritto. Decisione controversa? Soltanto per i Cinque Stelle, a quanto mi risulta. Con una precisazione doverosa”.

Quale?
“A differenza di quanto si va dicendo in giro, e purtroppo lo affermano anche i grandi media, compresa la Rai che non verifica più le notizie, si tratta di 2mila e 200 euro al mese, non di 7. Questo per la verità”.

Torniamo subito al libro. Da dove nasce la lunga intervista/confessione?
“Dalle pressioni dei miei amici, che mi hanno spinto a raccontare i fatti salienti che mi riguardano. E per essere sicuri che lo scrivessi mi hanno anche scelto l’intervistatore, un ottimo giornalista, che non ha risparmiato domande scomode. Alle quali ho risposto”.

Più di 500 pagine ricche di avvenimenti, aneddoti, incontri, che ricostruiscono il suo intero operato. Fino ai giorni bui del carcere.
“Avevamo programmato un intervento più breve. Ne è venuta fuori un’opera che ritengo esaustiva, divisa in quattro parti: la giovinezza, l’incontro con Comunione e Liberazione, gli anni alla guida del Movimento Popolare, gli anni al governo della Regione. Come scritto nella quarta di copertina ‘un libro concepito per preservare la memoria di ciò che l’establishment (politico, mediatico, forse anche ecclesiastico) vorrebbe far dimenticare’”.

Bè, difficile cancellare la sua presenza in Regione. Soprattutto per quanto riguarda la Sanità.
“Mi basti ricordare che il Wall Street Journal indicò come modello la sanità lombarda. Un suggerimento rivolto addirittura al presidente Obama”.

Le addebitano l’eccessiva privatizzazione della sanità.
“Non fu così. La mia riforma permetteva a tutti, anche alle persone meno abbienti, di scegliere dove farsi curare. Introdusse il sacrosanto diritto della libertà di scelta. Con alcune strutture private, le più efficienti e prestigiose, stabilimmo degli accordi affinché chiunque potesse accedere alle loro prestazioni di livello. Non solo, in questo modo contribuimmo a tagliare le liste d’attesa. Ne beneficiarono tutti i lombardi”.

Perché ha criticato la riforma di Roberto Maroni?
“La sanità va declinata sul territorio. Quello fu l’aspetto vincente della mia riforma. La successiva della giunta Maroni, che so con problemi di salute e al quale auguro una pronta guarigione, ha disatteso l’impianto territoriale. Purtroppo con tutte le conseguenze che conosciamo”.

Sanità un’eccellenza, ma per lei un problema giudiziario pesantissimo, fino al carcere.
“Tutti i provvedimenti sulla Sanità ricevettero l’avallo dei dirigenti e dell’intero esecutivo. Addirittura una deliberazione del consiglio regionale in materia fu votata anche dal Partito Democratico. Ma a pagare pegno è stato solo il sottoscritto. Non servono altri commenti”.

Formigoni innocente, dunque?
“Non lo dico soltanto io, ma il miglior avvocato del Paese, Franco Coppi, che mi ha assistito in Cassazione: ‘Formigoni è stato condannato senza colpa e senza prove’. Nonostante questo mi sono adeguato all’ingiusta condanna che mi è stata inflitta. Ora sono agli arresti domiciliari in attesa dell’affidamento ai servizi sociali, misura che inspiegabilmente tarda ad arrivare”.

Come sono oggi i suoi rapporti con Comunione e Liberazione?
“Sono e resto di Cl. Il mio incontro con don Giussani mi spalancò un orizzonte diverso, di grande pienezza umana. Nel libro ne parlo diffusamente. Lei forse vuole riferirsi a don Julián Carrón e alla famosa lettera pubblicata su Repubblica nel 2012. Ma ora preferisco non toccare l’argomento: nel libro ho già risposto alla domanda che mi ha posto Rodolfo Casadei sulla questione”.

Cosa c’è nel futuro di Roberto Formigoni, ancora la politica?
“No, vorrei dedicarmi ai giovani. Vorrei essere definito un coach che allena i giovani. Oggi c’è bisogno di politica seria e di chi la pratichi con cognizione di causa e competenza. Le mie energie, che sono ancora molte, saranno convogliate lì, nella preparazione di coloro i quali intendono dedicarsi alla politica. Come un calciatore ha bisogno di crescere e allenarsi prima di giocare in serie A, bene, anche chi fa politica deve crescere e allenarsi”.

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