Franzetti, primario Infettivi di Busto: «Ricoveri in calo. In ospedale i più gravi»

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BUSTO ARSIZIO – Un mese di coronavirus: com’è cambiato l’ospedale e l’organizzazione, come è stata affrontata un’epidemia che per la prima volta ha messo a dura prova il sistema ospedaliero anche a livello di Asst e come hanno risposto i team medici e infermieristici. Ma anche cosa ha insegnato il Covid e come i ricoveri sono calati, ma anche cambiati rispetto all’inizio. E con essi anche la strategia di affrontare il problema. Oltre alla grande risposta solidale del territorio che ha dimostrato e continua a farlo vicinanza nei confronti del presidio e di chi vi lavoro.

Ad affrontare questi temi è il dottor Fabio Franzetti, direttore dell’Unità operativa di Malattie Infettive Fabio Franzetti primario malattie infettive asst valle olonadell’ASST Valle Olona e dalla fine febbraio è in prima linea con l’emergenza Covid-19. Franzetti, prima di arrivare a Busto era Responsabile delle emergenze infettivologiche e bioterrorismo all’ospedale Sacco di Milano. «Non contiamo più le ore di lavoro che facciamo, i ritmi del nostro lavoro sono cambiati completamente – dice – Come responsabile del reparto di Malattie Infettive posso dire che sono circondato da collaboratori, siano essi medici o infermieri, con un livello di disponibilità e senso di responsabilità e sacrificio impareggiabili. Ho trovato la stessa generosità anche in molti colleghi di altre specialità: pneumologi soprattutto, ma anche chirurghi vascolari, internisti, medici nucleari, ortopedici, otorinolaringoiatri, molti dei quali si sono offerti fin dall’inizio della pandemia per dare una mano».

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Il Covid ha cambiato anche l’ospedale sotto l’aspetto logistico. Come?
«La strategia della Direzione è stata quella di ampliare gradualmente la disponibilità di posti-letto per i malati Covid-19, anticipando l’incremento dei casi, che si è puntualmente verificato. Questo ha comportato il sacrificio di posti letto in tutte le discipline, ma ha consentito una gestione organica della situazione».

Scendono i ricoveri, ma cosa è cambiato rispetto all’inizio dell’emergenza?
«Nell’esperienza che ci siamo fatti in questo mese non possiamo dire di aver osservato un’evoluzione nel comportamento dell’infezione. I pazienti che vengono ricoverati sono più gravi rispetto all’inizio della pandemia, perché oggi non tutti i pazienti infetti vengono ospedalizzati: chi ha sintomi meno impegnativi resta al proprio domicilio, per scelta o per necessità. In questo modo può sembrare che la mortalità sia molto più alta rispetto a quello che si era osservato all’inizio dell’epidemia».

ecografia al letto del paziente in isolamento

I sintomi, per lo meno all’inizio, hanno tratto tutti un po’ in inganno perché?
«Non ci sono sintomi che distinguono il COVID-19 da una comune influenza e quindi, in questa fase dell’epidemia che non si sovrappone (come all’inizio) all’epidemia stagionale dell’influenza, è lecito sospettare che la maggior parte delle cosiddette sindromi influenzali siano causate dal SARS-CoV-2, soprattutto se la febbre non ha un’altra causa più plausibile. La differenza con l’influenza è sia l’evoluzione a breve termine (perché questo coronavirus dà più frequentemente polmonite grave), sia per la persistenza di stanchezza riferita da un buon numero di pazienti, anche dopo la guarigione dalla fase acuta».

La risposta del territorio all’ospedale è stata grande. L’avete percepita?
«Fin dall’inizio abbiamo sentito il sostegno della collettività. Gli esempi sono numerosi. Dalle offerte di denaro, alla disponibilità di materiale sanitario o tecnologico (computer, tablet e altre apparecchiature), il continuo approvvigionamento di cibarie (pizze e dolci vanno per la maggiore) offerti da operatori del settore. Ma anche le manifestazioni di solidarietà che i cittadini hanno espresso in forme diverse: i ringraziamenti pubblici e privati, gli striscioni, le e-mail».

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