La scomparsa di Paolo Caravati, protagonista della politica gallaratese

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Paolo Caravati

GALLARATE – E’ morto Paolo Caravati, 80 anni, già vicesindaco di Gallarate, imprenditore in pensione, esponente di centrodestra protagonista sulla scena politica locale in questi ultimi decenni. Era ricoverato in ospedale al Sant’Antonio Abate a causa del Covid, dopo essere stato operato di recente per una protesi all’anca. Da alcuni giorni era in rianimazione. Questa notte, 15 aprile, il suo fisico non ha retto. Lascia la moglie e due figli. I funerali si terranno venerdì 16, alle 15, nella basilica di Santa Maria Assunta.

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Si sapeva delle sue precarie condizioni. Si sapeva anche della sua forza d’animo nel resistere alle terribili conseguenze del virus. Aveva voglia di vivere, Paolo Caravati. Aveva voglia di essere ancora in prima linea per quella passione politica che lo ha visto presente in città anche con incarichi amministrativi importanti, negli anni della giunta di Nicola Mucci. Un percorso tormentato, in politica, il suo. Tra i primi ad aderire a Forza Italia, passò successivamente ad Alleanza Nazionale, per uscirne in disaccordo con le scelte di Gianfranco Fini.

Vicino a Luca Ferrazzi, l’ex assessore regionale ora a capo di un gruppo che, da destra, si contrappone al sindaco leghista Andrea Cassani, Caravati ultimamente stava partecipando alla rinascita locale di Forza Italia. Un impegno al quale credeva, dopo le travagliate vicende giudiziarie che hanno decapitato il partito, dopo gli arresti e gli effetti devastanti nell’opinione pubblica. “Dobbiamo rilanciarci, sono sicuro che ce la faremo” diceva con foga nelle reiterate telefonate per cercare un confronto e, possibilmente, un conforto rispetto all’azione che aveva intrapreso accanto allo stesso Mucci. Faceva ipotesi, disegnava scenari, commentava, criticava, proponeva.

Innamorato della sua città soffrì davvero all’epoca dei blitz della magistratura milanese e della guardia di finanza. Ne soffrì anche se, in verità, aveva già preso le distanze dal gruppo dominante in quel periodo, che faceva riferimento al mullah Nino Caianiello. Fu emarginato o, meglio, si autoemarginò. Anni in cui cercò sempre il modo di tornare a far politica, come la frequentava quando era il numero due di Palazzo Borghi. Un periodo di esaltazione amministrativa, che, al di là di ogni altra considerazione o giudizio, sancì un netto cambio di passo per Gallarate, un’epoca che ne modificò il volto. E in meglio.

Attivo fin da giovane universitario, accanto ad amici come Andrea Buffoni o il regista Alberto Sironi, Caravati fu imprenditore, come il fratello Giorgio titolare del marchio Charro, presidente per molti anni della Gallaratese e, prima ancora, della Solbiatese. Un impegno pubblico, quello di Paolo, che si manifestò anche al vertice dell’attivissimo Tennis Club gallaratese.

Non ha mai dimenticato i fermenti di una gioventù trascorsa tra ideali politici, seppur contrapposti, e lunghe partite a biliardo al mitico Ranzoni o infinite partite a scopone al vicino bar Bossi. Insomma, un vero protagonista della Gallarate del secondo Dopoguerra. Un uomo colto, dai modi signorili, che ha cercato di essere partecipe delle vicende collettive della sua città. Con quali esiti, non sta a noi giudicare. Ci resta soltanto il dover prendere atto che Gallarate perde un altro pezzetto della sua storia. Una persona che, comunque la si voglia definire, lascia un segno. E di questi tempi, è molto più di qualcosa.

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