I referendum alibi della politica che non decide

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di Luigi Patrini

Come appare probabile a molti, i 5 referendum del 12 giugno saranno un flop: è difficile, infatti, che possano raggiungere il quorum necessario perché il loro esito sia efficace. Il rischio che vedo è che uno strumento fondamentale per la democrazia, quale è il referendum, venga svuotato di significato, accrescendo la disaffezione per la partecipazione attiva dei cittadini alla vita sociale e politica. Alcuni dei quesiti affrontano temi che richiedono una certa competenza tecnica e che offrono spunti non sempre nettamente alternativi. Il quesito referendario deve essere semplice e chiaro e l’elettore deve capire con chiarezza quale sarà l’effetto del Sì e del No. Divorzio Sì, o No? Nucleare Sì, o No? Queste sono domande per un referendum abrogativo.

Credo che diversi parlamentari comincino a rendersene conto e, forse per questo, le forze politiche che hanno voluto il referendum si stanno un po’ defilando: intestarsi un probabile flop non piace a nessuno. Ciò fa sorgere qualche dubbio sulla “moralità politica” di chi lo ha caparbiamente voluto: soprattutto la moralità politica di chi per mesi non ha perso l’occasione di caricare i quesiti di significati indebiti e di aspettative illusorie solo per ottenere visibilità, usando strumentalmente la scarsa simpatia che i cittadini italiani provano nei confronti della farraginosa, lenta e poco efficiente Amministrazione della Giustizia, solo allo scopo di acquisire qualche like in più e un po’ di consenso elettorale.

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Luigi Patrini

Il problema della Giustizia in Italia c’è, eccome: sono questioni complesse, che non si risolvono a colpi di referendum; il fatto che finalmente, per non perdere i fondi della UE, si sia stati costretti a formulare norme per la riforma della Giustizia è certo positivo: la “Riforma Cartabia” va nella direzione giusta. Forse sono piccoli passi, lungo il cammino si faranno modifiche e miglioramenti, ci vorrà tempo, ma, se a metà maggio i Magistrati hanno scioperato, vuol dire che la riforma andrà migliorata, ma anche che si muove nella direzione opportuna, se gli interessati si muovono e contestano.

L’intervista di Alessandro Sallusti a Luca Palamara (“Il Sistema”) ha svelato “la storia segreta della Magistratura italiana”, riguardo ai suoi rapporti col potere, la politica e gli affari: è davvero lecito dubitare che tutti quelli che hanno scioperato (meno della metà) l’abbiano fatto solo per …migliorare il testo della Cartabia! Pochi giorni dopo il referendum del 12 giugno la Camera dei Deputati discuterà il testo già “passato” al Senato. Sarà importante vedere se, al di là degli inevitabili miglioramenti che saranno da apportare, i politici – troppo spesso inclini alla sudditanza nei confronti della Magistratura – sapranno capire che finalmente è caduto un tabu: in fondo la vera e propria “invasione di campo” che alcuni Magistrati hanno compiuto negli ultimi decenni nei confronti della politica, svolgendo funzioni “legislative” e sostituendosi all’inerzia immobilista della Politica, è potuta accadere perché nella vita reale della società, come nella fisica, non esiste il “vuoto” e quando la politica latita, fa manfrina e non decide (magari perché sa di avere qualche scheletro negli armadi), c’è sempre qualcuno che, con esiti positivi o negativi, riempie comunque quegli spazi.

Oggi c’è bisogno davvero di più Politica (con la “P” maiuscola) e si vede bene la fatica che devono fare Draghi e Mattarella per non mandare tutti a quel paese! Se ai Parlamentari stesse veramente a cuore il bene del Paese, non sarebbe difficile per la maggioranza di loro trovare un’intesa di “compromesso”, che trovi un punto di equilibrio tra le esigenze giuste dei cittadini e quelle legittime di chi amministra la Giustizia. Il “compromesso” non è l’inciucio, l’intrallazzo, ma il punto alto di mediazione che tiene conto delle legittime esigenze di tutti; il Cardinale Ratzinger ne ha spiegato bene il significato in un testo uscito una quarantina di anni fa: “compromesso” deriva da “cum” (insieme) e “pro-mitto” (mando avanti)! Il compromesso è dunque un punto di mediazione tra persone che sanno dialogare. Non so dunque cosa farò il 12 giugno: sono un antico democristiano e, come tale, non riesco a “non votare” tranquillo: mi sta a cuore l’interesse della comunità civile (Charles Péguy diceva che “i cristiani sono i più civici di tutti gli uomini”) in cui vivo: so bene che il voto, anche quello per il referendum, è un “dovere civico”, ma sono ancora incerto se votare o meno (qualche Sì e qualche No, comunque).

Saggiamente il referendum ha valore solo se votano la metà più uno degli aventi diritto: chi ci governa deve sapere che l’eventuale astensione nel referendum abrogativo non è una fuga dalle proprie responsabilità. Il 12 giugno “non andrò al mare”, ma vorrò che chi ci governa e fa le leggi capisca che è in Parlamento per fare il bene della Comunità, non per far vincere le sue idee e le sue teorie e, men che meno, per fare il pavone sulle spalle del popolo e dei cittadini: è in Parlamento, gode di tanti onori e di tanti benefici, per discutere e “parlare” confrontandosi con i colleghi per trovare soluzioni, non per eclissarsi dietro un’ideologia astratta e che appare del tutto inutile se non è capace di servire al bene comune. Discuta e si confronti fino a notte fonda, come è abituato già a fare quando si aumentano le indennità. Non si riempia la bocca di frasi roboanti tipo “la politica è un servizio”: se lo è – come deve essere – serva! Serva e non si tiri indietro, abbia l’audacia si scontrarsi con il suo “leader” e se non è capace di farlo, …beh, se ne torni a casa e, se non ha attitudini e capacità, si trovi un altro lavoro! Se non trova lavoro, si rivolga all’Ufficio Collocamento: non cerchi di farsi ricandidare!

Il referendum sarà utile almeno perché costringerà molti a “cercare di capire” questioni complesse che di solito non si affrontano con semplici battute. Spero che tutti – anche tra gli stessi Parlamentari – cerchino almeno di capire l’importanza delle questioni e leggano i quesiti proposti. Non so se voterò, mi confronterò con amici e conoscenti; certo mi documenterò e ci rifletterò ancora. Di sicuro non posso apprezzare che si faccia un referendum solo perché il Parlamento è impotente, non essendoci una maggioranza di Rappresentanti del Popolo capace di trovare un accordo serio sul grave e decisivo argomento della giustizia!

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