Il futuro della Liuc (e delle aziende) in una parola: ineludibilità

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di Federico Visconti*

In occasione della inaugurazione dell’anno accademico Liuc-Università Cattaneo ho presentato (non letto!) una relazione di 71 pagine e 160.000 caratteri. Materiale più che sufficiente per farne una cinquantina di articoli come questo e per abbattere anche il lettore più affezionato. Posto che la relazione è disponibile sul sito LIUC, vado al sodo e sottolineo tre messaggi che ne interpretano i contenuti di fondo e che tendono ad assumere una valenza generale, da fase storica delle imprese e più in generale del nostro Paese. Si tratta di messaggi che ruotano attorno ad una parola: ineludibilità.

Ineludibilità delle sfide. La complessità ambientale è all’ordine del giorno e continua ad aumentare, per effetto della numerosità delle variabili che la determinano, della erraticità con cui si manifestano, delle interdipendenze che tra di esse si attivano. Passiamo quotidianamente dall’inflazione alla povertà, dalla guerra al caro-energia, dai migranti alla fuga dei cervelli….. Nel mondo delle Università sta succedendo di tutto: nel confronto tra didattica in presenza e a distanza, negli equilibri tra ricerca scientifica e applicata, nei confini geografici della competizione, nelle alleanze tra competitors, negli assetti proprietari degli Atenei non statali.

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Federico Visconti

Ineludibilità del buon management. Per affrontare la complessità servono profondità analitica, rigore valutativo, creatività imprenditoriale, coraggio decisionale, fermezza esecutiva. In poche parole, serve una statura manageriale coerente con quanto la complessità impone. Di buon management parlo spesso e ne ho parlato anche nella relazione. Uso due metafore per tracciarne i grandi nemici. Nemico numero 1: la sindrome di Godot (che, per la cronaca, non è mai arrivato). Le aziende ben gestite insegnano che non bisogna dar credito all’ottimismo cronico e alle speranze paralizzanti. I mantra del tipo “non prendiamo iniziative, poi le cose sistemano” o “le competenze e i processi che abbiamo all’interno sono da sempre all’avanguardia” funzionano al teatro dell’assurdo, non quando si compete sui mercati moderni.

Nemico numero 2: la tela di Penelope (che, per la cronaca, disfaceva di notte quello che realizzava di giorno). Posti di fronte al cambiamento, ci nutriamo di retorica: ne riconosciamo la necessità ma al fondo non lo vogliamo, dovremmo affrontarlo ma finiamo per subirlo. Senza girarci troppo intorno: all’azione coraggiosa preferiamo la cortina fumogena, all’intervento risolutivo anteponiamo il “taia e medega” che il lessico e la saggezza di mio nonno Carlo mi hanno insegnato molti anni or sono.

Ineludibilità degli investimenti. Le sfide competitive si affrontano con gli investimenti visionari del management imprenditoriale e non con il braccino corto del management ragionieristico. L’asino casca esattamente qui, quando si discrimina tra aziende che sanno o non sanno riconoscere il valore che gli investimenti assumono per la competitività futura; che concepiscono la “cassa” in una logica di servizio alla catena del valore e non come strumento di potere; che considerano i dati un patrimonio dell’intera organizzazione e non di sue singole parti; che ritengono l’upgrade della strumentazione manageriale una via obbligata per la crescita e non una minaccia per la situazione esistente ….. Vale per tutte le aziende e dunque anche per la LIUC. Investendo sul patrimonio intangibile si è fatto quel pezzo di strada che ho raccontato in pubblico …. continuando a farlo se ne farà altra. Del resto, quando un Ateneo smette di investire sulle “core activities”, non è più un Ateneo.

*Rettore Liuc – Università Carlo Cattaneo

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