Il prefetto Caputo: «In tre mesi in trincea ho scoperto anche il bello di Varese»

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Da sinistra: il direttore Vincenzo Coronetti, l'editore Fabrizio Iseni e il prefetto Dario Caputo

VARESE – Dario Caputo, prefetto di Varese da poco più di tre mesi, è arrivato a Villa Recalcati nel pieno della crisi sanitaria mondiale, che non ha certo risparmiato la provincia. «Anche quella di Varese, che non ha mai mollato e ha dimostrato tutta la concretezza dei suoi imprenditori e abitanti nell’affrontare le grandissime difficoltà».

Queste le parole del nuovo prefetto di Varese, che oggi, martedì 21 luglio, si è incontrato con Malpensa24: l’editore Fabrizio Iseni e il direttore Vincenzo Coronetti. Un cordiale faccia a faccia per conoscersi, durante il quale sono state affrontate le tematiche dell’informazione in provincia di Varese ed è stato confermato l’imminente arrivo del giornale online della Iseni editori a Varese città. Il dottor Iseni ha anche illustrato l’attività dell’omonima Fondazione contigua al progetto editoriale e l’attività sanitaria del Gruppo Iseni nella sua sede di Lonate Pozzolo.

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Signor prefetto, quando ha saputo che la sua destinazione sarebbe stata Varese, nel pieno delle crisi Covid, cos’ha pensato? 
«In realtà non ho avuto molto tempo per pensare. E’ accaduto molto velocemente. A innescare il tutto è stato il pensionamento del prefetto di Bergamo. Altro fronte delicato. Dove è stato chiamato chi a Villa Recalcati mi ha preceduto, Enrico Ricci. E io sono stato incaricato a mia volta di sostituire una persona di grande livello professionale e umano. Consapevole che la situazione mi avrebbe richiesto un surplus di impegno e attenzione. E’ vero, ho alle mie spalle un’esperienza prefettizia al Nord, ma sarei arrivato in una realtà per me del tutto nuova».

A distanza di tre mesi che idea si è fatto della nostra provincia? 
«Questa situazione straordinaria sostanzialmente ha assorbito tutte le energie. Sono stati mesi molto complicati. Però nell’affrontare tutta una serie di grandi difficoltà ho potuto anche scoprire valori che mi hanno davvero colpito. Tra questi sicuramente la propensione alla concretezza. Che è emersa in maniera lampante proprio nei giorni più difficili della crisi sanitaria».

Un banco di prova importante per chi come lei è chiamato a rappresentare il governo e fare da “cerniera” tra le direttive istituzionali e la comunità in tutta la sua complessità. Come ha impostato il suo mandato qui a Varese? 
«Non posso negare la preoccupazione che c’era e che non è del tutto svanita. Ma credo che un rappresentate delle istituzioni non si debba mai fare sopraffare da questo sentimento. L’obiettivo davanti a un problema, grande o piccolo che sia, deve essere sempre la risoluzione. Lasciarsi vincere dall’angoscia non porta da nessuna parte. E credo, in questo, di essermi trovato in piena sintonia con la gente che abita, vive e lavora in questa provincia. Varese, anche quando l’onda del Covid è stata prepotente, non ha mai ceduto».

La concretezza nel fare e trovare soluzioni è una delle caratteristiche di cui, chi arriva per la prima volta in questa provincia, parla perché a sua volta ne ha sentito parlare. Lei dice di averla toccata con mano, in un momento in cui “fare”, qualsiasi cosa, era davvero un’impresa. In quali occasioni? 
«Con l’Unione degli industriali ad esempio. Con Univa è stato avviato (ed è aperto) un dialogo importante nei giorni in cui bisognava prendere decisioni contingenti, ma anche in vista della ripartenza. Un confronto che subito si è trasformato in un lavorare insieme e che ha coinvolto anche altri rappresentanti di categoria come i sindacati e al di fuori dall’ottica repressiva, che spesso contraddistingue le azioni dello Stato e lontani dalla dialettica conflittuale. Insomma posso dire che proprio nella grande difficoltà ho toccato con mano la bontà del tessuto socio economico di questa terra».

Covid e lockdown prima, le rigide norme di sicurezza sanitaria ancora oggi in vigore hanno forse messo in secondo piano aree strategiche, come ad esempio Malpensa. La presenza di una scalo internazionale rende questa provincia ancor più complessa da governare e non solo sotto il profilo della sicurezza. Ha già avuto modo di misurarsi con questi problemi? 
«In realtà l’attenzione su Malpensa non è mai diminuita. Il traffico civile si è bloccato, ma quello commerciale non ha mai smesso di essere operativo. Anzi, anche in piena crisi mi pare che l’aeroporto si sia confermato strategico per questa provincia, ma direi per tutto il Paese. Detto ciò in questi mesi ho avuto la fortuna di essere supportato dal viceprefetto Roberto Bolognesi che è la memoria storica della prefettura, ma anche dagli uomini della polizia di Stato che allo scalo garantiscono una presenza significativa e della guardia di finanza. E anche sul tema aeroporto non abbiamo smesso di lavorare sulla totale ripartenza di tutte le attività».

Tre mesi di crisi sanitaria e poco altro. C’è qualcosa che non è ancora riuscito a fare a causa della situazione contingente? 
«Se dovessimo (e potessimo) cancellare il Covid, la vita di una prefettura è innervata dal dialogo costante con tutti coloro che sono più vicini ai cittadini e alle loro difficoltà al fine di portare le esigenze e i bisogni del territorio sui tavoli superiori. Il dover affrontare questa situazione straordinaria ha tolto spazio al dialogo diretto con i sindaci, gli amministratori, le comunità locali. Un contatto con il territorio che intendo colmare al più presto e appena sarà possibile».

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