#ilbellodivivereasubotica

subotica busto serbia

C’è qualcuno che è stato a Subotica in vacanza? Il problema è che la stragrande maggioranza di noi, salvo le eccezioni, neanche sa dove si trovi Subotica. L’abbiamo scoperto grazie all’amministrazione di Busto Arsizio che ha avviato una forma di collaborazione con la città Serba, 140mila abitanti, sul confine con l’Ungheria. Perché Subotica? Non si sa, ma non è questo il punto, anche se abbiamo il sospetto che il contatto sia stato generato al di fuori dei canali istituzionali, per poi essere ufficializzato grazie all’intercessione amicale di qualche amministratore di Palazzo Gilardoni.
Niente di men che regolare, ci mancherebbe. Molto invece di singolare. Busto Arsizio vorrebbe infatti saldare rapporti strettissimi con Subotica, di tipo culturale e turistico “per condividere progetti in comune”. Addirittura, per accedere ai bandi dell’Unione europea che distribuisce contributi. Fischia, che idea.
Scherzi a parte, gli obiettivi sono commendevoli, abbattono le frontiere e aprono la città al mondo. Al punto che Emanuele Antonelli, il sindaco, rivolgendosi alla delegazione serba ricevuta in Municipio, dichiara: “A Busto siamo troppo chiusi, dovremmo imparare da voi”. Ammissione di un modello comportamentale che non contempla intromissioni dall’esterno, così che l’inusitato dialogo oltreconfine serva per emendare le porte in faccia spesso tirate a Legnano o a Varese, a Gallarate piuttosto che Castellanza. Roba del passato, osserverà qualcuno. Ma anche cronaca recente, di liti col capoluogo provinciale, o di difficoltà nel fare squadra attorno a problemi che sono di tutti. Colpe da distribuire equamente tra le città, ma Busto ha le sue brave responsabilità. Non nascondiamoci dietro un dito: non riusciamo a dialogare coi vicini, facciamo pappa e ciccia con gli stranieri.
Gli ospiti serbi sono stati giustamente coccolati, per via delle supposte affinità (il tessuto sociale multietnico?) che affratellano le due città; e nonostante sotto sotto abbiano in mente di sfruttare l’occasione per portarsi a casa qualche azienda in vena di trasferirsi in territori meno onerosi sui versanti fiscali e del costo del lavoro. Anzi, ci risulta l’abbiano esplicitamente fatto capire, in scia allo spot indiretto alla delocalizzazione offerto loro dal Comune di Busto. Tant’è. Certi gemellaggi tra città sono tutt’altro che fini a se stessi, quando non servono per alzare i calici e far roteare le forchette tra le delegazioni in visita, propongono fini economici. La cortesia istituzionale è una cosa, le opportunità un’altra. Così, se è vero che è #bellovivereabusto, slogan coniato a Palazzo Gilardoni, altrettanto #belloèvivereasubotica, città adesso imparentata coi bustocchi. Anche se, tutto sommato, a loro insaputa.

Subotica busto serbia – MALPENSA24