L’ASST Ovest Milanese: «Grande eredità dell’emergenza nelle cure palliative»

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LEGNANO – L’emergenza sanitaria lascerà il segno nelle cure legate ad alleviare le sofferenze dei pazienti e nell’assistenza ai malati terminali. Se n’è parlato, con alcune testimonianze di alta drammaticità, oggi, martedì 26 maggio, nella prima conferenza stampa telematica dell’ASST Ovest Milanese in occasione della XIX Giornata Nazionale del Sollievo in calendario domenica prossima, 31 maggio. «Le cure palliative – ha osservato il direttore socio-sanitario dell’ASST, Gabriella Monolo – hanno avuto grande impulso in questo territorio in collaborazione con l’ASST rhodense, sia con servizi residenziali negli Hospice, sia attraverso una rete di cure domiciliari, completate da attività ambulatoriali e di consulenza nelle strutture di ricovero. L’ASST dispone di una struttura complessa che se ne occupa e gestisce gli Hospice di Cuggiono e di Magenta. Per rendere operativa la rete assistenziale è stata sottoscritta una convenzione con la cooperativa sociale In Cammino di Abbiategrasso». L’obiettivo indicato dalla dottoressa Monolo è «creare sinergie operative nel territorio a favore della popolazione assistita, non solo malati oncologici ma anche di altre patologie evolutive, per fare della nostra rete un modello di riferimento».

Domenica la Giornata nazionale del sollievo

Castiglioni ClaudiaCome ha sottolineato Claudia Castiglioni (nella foto a lato), direttore della Unità Operativa Complessa (UOC) Hospice e cure palliative della ASST, «ci sono diversi tipi di dolore, non solo fisici ma fatti anche di emozioni, spirito, relazioni sociali. Nell’emergenza Covid abbiamo preso in carico pazienti con situazioni complesse e altri da assistere in punto di morte. Il primo pensiero è stato non lasciare indietro nessuno di quanti hanno richiesto cure palliative: per questo abbiamo modificato le procedure al fine di liberare posti letto nei reparti Covid, creando a Cuggiono un presidio non Covid per pazienti critici e in fine vita. I tempi di trasferimento sono scesi da 4 giorni a 1 e mezzo, attraverso colloqui senza appuntamento con i familiari per prenderli in carico più in fretta. Anche nei reparti, nei mesi di febbraio, marzo e aprile c’è stato un netto incremento dei ricoveri entro le 48 ore, dal 25% fino al 90%. Nonostante il contagio di alcuni medici, abbiamo sempre assistito i pazienti provenienti da ogni unità operativa, con un forte incremento di quelli del pronto soccorso e della medicina d’urgenza. Il notevole aumento di pazienti in fase avanzata di malattia, fragili, cronici e con prognosi infausta ha abbassato i tempi di degenza media, pari a 20 giorni, a un periodo da 1 a 7 giorni».

Florian: «Duro assistere i malati di Covid-19»

Florian ClarissaParticolarmente toccante la testimonianza di Clarissa Florian (qui a fianco), direttore scientifico dell’Hospice di Abbiategrasso, sulla gestione degli affetti dal coronavirus, che oltre al dolore per la dispnea comporta gravi difficoltà per i pazienti e per gli stessi medici che li hanno in cura. «Il contagio – ha spiegato la dottoressa Florian – ha presentato una elevata mortalità e variabilità di sintomi che generavano sofferenza. Le cure palliative si sono rivelate fondamentali. Nei presìdi di Magenta e Abbiategrasso, con la consulenza nei reparti e nell’ambulatorio di cure palliative nel Day Hospital oncologico abbiamo costruito nel tempo una integrazione con gli specialisti di più ospedali che si è rivelata propedeutica per offrire assistenza nell’emergenza. Dal 18 marzo sono stata palliativista nei cinque reparti Covid dell’ASST. Mi sentivo preparata alla sofferenza e alla morte, ma non è stato facile: ci siamo confrontati con una dura realtà, causata da qualcosa di sconosciuto. Molti pazienti erano intolleranti al casco, servivano ansiolitici. Al dolore si aggiungevano ansia e disorientamento. Grazie ai tablet abbiamo soddisfatto la volontà dei pazienti di relazionarsi a distanza con i familiari, specie nel momento dell’ultimo saluto. Ho vissuto emozioni forti, quasi contagiose. Molti familiari ci hanno chiesto di essere le loro mani e le loro voci in corsia, di trasmettere parole e gesti di affetto come carezze. Spesso comunicavamo con gli sguardi. Non sono mancati episodi quasi surreali, come portare l’album di matrimonio del figlio a una donna ricoverata per molti giorni al “9° Covid” e aiutarla a scegliere le foto da attaccare alla parete».

«Ora sviluppare l’assistenza domiciliare »

Sul piano procedurale, per Florian l’esperienza lascerà tanto in eredità. «Nelle cure palliative – ha spiegato – non ci sono protocolli rigidi e strutturati, bisogna continuamente adattarli alle circostanze. Abbiamo appreso nuovi criteri e modalità di intervento, somministrazioni di farmaci meno standardizzate. Oggi che non ci sono più pazienti Covid e i reparti sono stati sanificati, rimane l’opera sul territorio per chi è nella propria casa: l’assistenza domiciliare è passata da 30-35 a 74 pazienti».

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