‘Ndrangheta Lonate, 11 anni a chi riforniva i “cestini” dei clan

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LONATE POZZOLOErnesto Barone, 54 anni, originario di Vibo Valentia ma residente a Legnano, era accusato di far parte di un sodalizio criminale che avrebbe pilotato fallimenti per spolpare le aziende mettendole in ginocchio, drenando i soldi anche a favore delle famiglie degli affiliati di ‘ndrangheta da mantenere. E’ stato condannato oggi, venerdì 7 giugno, dal collegio presieduto dal giudice del tribunale di Busto Arsizio Rossella Ferrazzi a 11 anni di carcere in primo grado. Confermata per l’imputato anche l’aggravante mafiosa contestata dal Pm della Dda di Milano Silvia Bonardi. Aveva chiesto una condanna a 12 anni in sede di requisitoria.

Provissionale da un milione 600mila euro

Non solo il collegio ha disposto il risarcimento di tutte le parti civili da stabilirsi nell’opportuna sede giudiziaria, ma nell’odierno verdetto ha sancito anche una provvisionale immediatamente eseguibile sempre nei confronti delle parti civili pari a oltre un milione e 600mila euro. Per l’accusa Barone era “figura cerniera” dell’associazione a delinquere tra false fatturazioni e casi di bancarotta. Avrebbe intrapreso non “delle scelte imprenditoriali ma delinquenziali” con Maurizio Ponzoni, altra figura apicale del sodalizio secondo l’accusa. A suo carico il tribunale ha anche disposto il rinvio degli atti in procura per falsa testimonianza.

Fallimenti pilotati per il clan

Secondo l’accusa i sodali avrebbero rilevato una dopo l’altra piccole imprese svuotandole e aprendo, in pochi mesi, un buco da 10 milioni di euro. Non solo, sempre secondo quanto emerso dalle indagini del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Varese, durante la pandemia si sarebbero fatti garantire dallo Stato prestiti bancari per più di un milione di euro. Soldi che non venivano investiti nelle aziende, questo sostiene la Dda, ma servivano anche per i “cestini” (provviste in denaro) da destinare alle famiglie del territorio collegate all’ndrangheta.

Il riferimento del pubblico ministero è andato, oggi, alla locale Legnano-Lonate Pozzolo, guidata dal boss Vincenzo Rispoli, da oltre 20 anni protagonista di maxi inchieste sul territorio. Il Pm Bonardi ha spiegato oggi in aula ad esempio, come alla moglie di Rispoli fu consegnato un “pensiero” natalizio da circa 2mila euro, ma anche una provvista da 20mila euro per pagare l’affitto di casa alla famiglia di un altro appartenente al clan. Sempre stando alle accuse della Dda, furono assunti anche due famigliari di Mario Filippelli, altro esponente della cosca.

Falsa testimonianza

Il presunto sodalizio (siamo in primo grado e depositate le motivazioni in 60 giorni l‘Appello è di fatto scontato visto che le difese hanno sempre e solo ammesso la falsa fatturazione) avrebbe approfittato anche dell’emergenza Covid. Grazie alla misura che permetteva alle aziende di ottenere prestiti dalle banche con la garanzia dello Stato sarebbero riusciti a farsi finanziare per più di un milione di euro. Soldi non trasmessi alle aziende, tanto che i finanzieri trovarono circa 200mila euro in contanti nelle abitazioni degli indagati.

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