L’orso russo e il drago cinese, ombre minacciose

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L'alleanza tra Putin e Xi Jinping preoccupa moltissimo l'Occidente

di Ivanoe Pellerin

Cari amici vicini e lontani, tutti noi riteniamo il perfido Putin responsabile non solo della guerra ma anche di ogni nefandezza che possa essere ricondotta all’aggressione russa. Il vero “carnefice” di questo tempo. Forse però il nostro sguardo è miope e occorre guardare un po’ più lontano. Forse non ci rendiamo conto che il mondo è profondamente cambiato e che l’orizzonte a est deve essere spostato molto più in là. Forse non abbiamo dato particolare importanza al patto del 4 febbraio scorso che ha legato la Russia in modo indissolubile alla Cina, tanto che lo zar ha aspettato la fine dei giochi olimpici per scatenare il suo esercito contro l’Ucraina.

Un pensiero traverso? Io credo di no. La Cina all’ONU non ha votato contro l’invasione russa e non si è spesa per nulla a favore dei negoziati per una cessazione delle ostilità. Non per caso. Putin si è rivolto al suo evidente alleato Xi Jinping per via dell’economia in grave difficoltà, dell’embargo occidentale, del difficile scenario internazionale. Forse conta sullo yuan per superare le attuali difficoltà del rublo. Forse crede di poter gestire l’alleanza con la Cina da pari. In merito ho forti dubbi. È vero che l’impronta di governo delle due nazioni ha forti similitudini. La drammatica oppressione nello Xinjiang, il pugno di ferro con il quale la Cina ha presidiato Hong Kong stracciando il trattato del ’97 firmato da Deng Xiaoping, le forti tensioni nel Ladakh, dove solo nelle ultime settimane di febbraio le truppe cinesi si sono ritirate dal confine himalayano con l’India, diminuendo così le tensioni militari fra i due paesi asiatici, sono esempi della politica estera cinese. Non dimentichiamo che, allorché gli americani hanno abbandonato l’Afghanistan in maniera così drammatica, Pechino si è subito preoccupata dell’instabilità del paese confinante con lo Xinjiang.

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Ivanoe Pellerin

Così la Repubblica Popolare Cinese sta cercando di stringere più forti rapporti con Kabul. Nello specifico, Pechino vuole coinvolgere quest’ultima nel corridoio Cina-Pakistan, ramo terrestre della Belt and Road Initiative (Bri, nuove vie della seta) che unisce Kashi (o Kashagar, nel Xinjiang) al porto pakistano di Gwadar, uno dei porti più importanti del mar Arabico. Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha esplicitato questo proposito lo scorso 3 giugno 2021 durante una videoconferenza con i rappresentanti di Kabul e Islamabad . I media cinesi non celano la rilevanza della questione: confermano che per Pechino curarsi della “periferia” è la “ base della stabilità ”.

Cari amici vicini e lontani, non valutate una strana assonanza con quanto dichiarato più volte dal despota russo circa i confini del colosso europeo? Il patto “olimpico” fra la Russia e la Cina significa il sostegno reciproco alle rivendicazioni di potenza, quindi territoriali. Si legittimano a vicenda. Per ora abbiamo la questione ucraina, ma domani è possibile che la Cina reclami Taiwan, la militarizzazione del Mar Cinese Meridionale con un forte “disagio” alla libertà di navigazione e di commercio che riguardano molti paesi asiatici come il Vietnam, il Giappone e le Filippine. Come dice Federico Rampini, noto esperto di faccende internazionali, “quell’isolotto potrebbe diventare il focolaio del prossimo “cigno nero” o “rinoceronte bianco”, due immagini metaforiche usate per designare eventi improbabili, imprevisti e capaci di infliggere shock globali”.

Abbiamo avuto l’11 settembre 2001 con le torri gemelle, il 2008 con il crack dei mutui, il 2020 con il coronavirus ed il 2022 con la guerra dell’Ucraina. Sarà proprio la Cina a infliggerci la prossima crisi che ci coglierà ancora una volta del tutto impreparati? Il colosso asiatico arriverà allo scontro militare con gli USA? Come afferma ancora Rampini, l’occidente non sembra affatto compatto. Crede sempre meno nei propri valori e nella propria cultura. Appare debole, rattrappito intorno alle proprie responsabilità, affannato nel ritenersi colpevole dei mali del mondo e incapace di guardare con spirito critico ed animo sereno, quindi con l’autocoscienza delle proprie capacità, alle vicende internazionali. Molti intellettuali sono convinti che “i valori dell’Occidente” siano un’espressione ipocrita e un mito da sfatare. Al contrario nessuno in Cina mette in dubbio la propria civiltà, a quanto pare più antica di quella “occidentale”, il proprio grado di evoluzione e di sviluppo, la presunta superiorità tecnologica verso il resto del mondo.

Ricordo che la strategia cinese sostiene la fusione tra il massimo progresso scientifico e tecnologico civile con quello militare. Quello che serve alla crescita economica è utile e si riflette rapidamente sul potenziamento militare. Un po’ come succede da noi. Cari amici vicini e lontani, avete in mente il dibattito sull’aumento del 2% circa le nostre spese militari? Xi Jinping ha invaso Hong Kong, una piccola oasi di stato di diritto, e non ha pagato alcun prezzo. L’imperatore rosso non ha fatto mistero di ritenere essenziale l’”annessione” di Taiwan.

Il rapporto strategico delle forze in campo è cambiato in modo drammatico. Entro il 2027 le forze militari della Cina saranno superiori a quelle statunitensi. L’ammiraglio Phil Davidson, comandante fino all’aprile 2021 di tutte le forze USA nel Pacifico, ha affermato che da quella data, con ogni probabilità, l’invasione di Taiwan sarebbe coronata da successo. Inoltre l’azione bellica di Mosca ha consolidato l’opinione di quanti in Cina ritengono che l’occidente sia debole, impaurito, molto incerto rispetto all’uso della forza. Xi continua a sostenere l’alleato russo dall’accerchiamento di “forze ostili” ed è convinto che l’occidente abbia troppo bisogno del mercato cinese per opporsi. Perciò rifornisce Putin di armi e di aiuti economici.

ùÈ vero anche che in Cina la politica “zero Covid”, le difficoltà economiche interne, la fuga dei capitali, la dipartita di numerose multinazionali e lo shock energetico potrebbero far pagare davvero caro l’appoggio fornito alla Russia. La guerra in Ucraina sta spingendo molte nazioni ad una politica di riarmo e non solo in Europa. Persino il pacifico Giappone, preoccupato per la politica del vicino gigante asiatico, sta rafforzando il dispositivo militare. Cari amici vicini e lontani, lo scenario internazionale sta cambiando rapidamente e il sogno che la globalizzazione avrebbe allontanato i passati scenari di guerra si è rivelato fallace e irrealistico. Molte ombre oscure sono all’orizzonte e tra l’orso russo e il drago cinese io scelgo l’occidente addormentato ed il vecchio e tormentato zio Sam.

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