Luci accese e “consegna” delle chiavi: il Poppinjay pub guida il flash mob a Busto

BUSTO ARSIZIO – Si sono riaccese le luci in molti locali pubblici della città, non per accogliere clienti, ma per lanciare un messaggio forte: “C’è troppa confusione sulle regole delle ripartenza. Se non ci vengono date certezze il grosso rischio è che quando sarà il momento, ben pochi potranno riaprire“. E’ andato in scena ieri sera, martedì 28 aprile, il flash mob di pub, ristoranti, bar, pizzerie, bistrot e gelaterie. Un gesto semplice quello di accendere le luci nei locali, ma forte nel significato, poiché ad aderire all’iniziativa sono stati piccoli imprenditori del settore, che in genere non utilizzano forme di protesta eclatanti.

E di luci se ne sono accese anche a Busto Arsizio. Tantissime in tutta la provincia di Varese: nel tam tam dei partecipanti i numeri parlano di 5 mila locali aderenti nel Varesotto. «Una bel segnale – racconta più di un esercente – ieri sera eravamo in tanti. Certo avremmo potuto essere ancora di più. La voce del flash mob ha iniziato a girare solo lunedì e abbiamo cercato di coinvolgere più persone possibili. Purtroppo però non tutti siamo riusciti a raggiungere tutti con un messaggio o una telefonata».

Il flash mob a Busto

Luci accese e una fotografia con le chiavi del locale e il biglietto da visita da far arrivare ai vertici delle istituzioni. Quasi come fosse la consegna ideale della propria attività a chi ha il potere di prendere decisione. Per dire che chi apre bottega non si arrende, ma anche per lanciare un grido d’allarme e dire che così non si potrà certo andare avanti o pensare di tornare a lavorare quando sarà il momento. In città, tra i primi ad aderire al flash mob c’è Giuseppe Cataldi, storico proprietario del Poppinjay pub di via Palestro. «E’ un vero disastro – esordisce – c’è una data di riapertura, ma nessuno sa esattamente cosa deve fare per poter tornare a lavorare. Nel frattempo però siamo stati chiusi a lungo, senza incassare, ma con le varie scadenze da pagare. Io mi ritengo ancora fortunato poiché non ho l’affitto del locale da versare, ma le bollette nessuno me le ha sospese».

Tante luci accese: 5 mila nel Varesotto

Ma quelle del Poppinjay ieri sera non erano le uniche luci accese. Chiavi e biglietto da visita virtualmente consegnati da molti altri, tra questi anche dalla pizzeria Capri e dal Ciclope. A tirar le fila e promuovere il flash mob anche in provincia di Varese e per l’intera Lombardia è stato un ristoratore milanese Alfredo Zini, il quale dice che in tutta la Lombardia «ci sono state almeno 30 mila le adesioni, di cui circa 5 mila locali con le luci accese in tutto il Varesotto. Abbiamo avuto un conferme della partecipazione da Busto, Gallarate, Varese, da locali del luinese e della Valganna, ma anche da Somma».

Tutti per chiedere essenzialmente una cosa: «Non ci arrendiamo, non vogliamo chiudere, vogliamo lavorare ma dateci regole certe. Sulle distanze da far rispettare, su quelle che sarà necessario tenere in cucina, su quali dispositivi di protezione dobbiamo utilizzare, perché non è pensabile che un pizzaiolo indossi guanti in lattice dovendo mettere anche le mani nel forno. Quindi quale dispositivo dovrà indossare? A oggi – conclude Zini – abbiamo solo date, ma non abbiamo avuto aiuti e non sappiamo nemmeno se verranno concessi. Di certo però, prima ancora di tornare a lavorare dovremo fare investimenti importanti per adeguarci alle norme di sicurezza sanitaria. Insomma, se così stanno le cose, in molti si stanno chiedendo “ma chi me lo fa fare?”».

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