Malpensa riparte se torna a essere hub

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Se il 2017 ha portato una rivoluzione quantitativa nei volumi di traffico passeggeri, ben oltre le stime di chiunque, il 2018 dovrebbe cambiare la natura qualitativa di Malpensa, che negli ultimi dieci anni è stato esclusivamente un aeroporto point-to-point, nonostante i tentativi fatti con ViaMilano. A cambiare lo status qualitativo dell’aeroporto sono tanti fattori: in primis è la stessa crescita numerica, che scatena la competizione fra le compagnie aeree. Nessuno o quasi investe in un aeroporto in cui il traffico diminuisce.
Se all’apertura di Malpensa 2000 il traffico del sistema aeroportuale lombardo era di poco più di 20 milioni di passeggeri annui, il 2017 dovrebbe chiudere almeno a 43. Con Linate fermo, Orio di fatto riservato a Ryanair, Wizzair e a chi opera voli soggetti a diritti di traffico, il “mercato” è solo a Malpensa.
Transiti vuol dire anche evoluzione delle low cost e anche se ciò che proporrà easyJet è qualitativamente inferiore a quello che fa Ryanair a Orio (through check-in con bagagli spediti alla destinazione finale), i numeri potrebbero essere molto interessanti, per la massa di voli operati a Malpensa e la posizione geografica. Per ora si parla di Norwegian e Neos, ma se arrivasse un accordo con Emirates è chiaro che si passerebbe ad altre cifre e conseguenti riempimenti dei voli. Il volo Norwegian, con 140.000 sedili annui offerti in un mercato che ora vede solo 100.000 passeggeri, può funzionare solo con transiti o con una crescita poderosa del traffico locale.
Dulcis in fundo c’è il piano di Meridiana (oggi Air Italy) di aprire un hub a Malpensa. Tra i voli intercontinentali proposti c’è anche l’iperinflazionata New York, che magari vuol contare su un ritiro di Alitalia e Miami, che ha più margini per funzionare, ma è previsto con solo 4 frequenze settimanali. A fare da alimentazione a questi voli un feed dal Centrosud, le cui chance di riuscita stanno un po’ nel successo di commercializzare gli interline a tutti i vettori di Malpensa, un po’ in un feroce contenimento dei costi, perché sfidare easyJet e Ryanair in brughiera, ma anche la stessa Ryanair a Orio e Alitalia a Linate è impresa moto impegnativa. Per fare un hub ci vogliono molti più voli intercontinentali e una rete di feed molto più estesa. Nel frattempo bisogna sperare che il costo dello startup non faccia passare la voglia ad Al Baker. In un certo senso dipenderà anche da easyJet e da Ryanair, se decideranno di lasciar attecchire il nuovo concorrente, perché in fondo vuol fare un altro mestiere, quello dei transiti oppure se opteranno per ributtarlo a mare.
Ovviamente, se l’avventura Air Italy non avesse successo, Malpensa tornerebbe al point-to-point per l’eternità. Di positivo c’è che Alitalia non ha più i soldi per lanciare una linea aerea votata a perdere e uccidere chi vuole scommettere su Malpensa, come sciaguratamente fece con AirOne “smart carrier”.

Associazione Aeroporti Lombardi