VISTO&RIVISTO Alta tensione, torbidi segreti e qualche sbavatura

minchella bier kidman grant

di Andrea Minchella

VISTO

THE UNDOING-LE VERITA’ NON DETTE, di Susan Bier (The Undoing, Stati Uniti 2020, 340 min, Sky Atlantic).

Susan Bier ci sa fare. Questa è la sua seconda esperienza con la serialità televisiva, dopo il bello e convincente “The Night Manager” del 2016 in cui lo spionaggio di John Le Carrè si miscelava perfettamente con la sensibilità e la bravura della regista danese.

In “The Undoing” la Bier si avvale di una bravissima e potente Nicole Kidman che alza di un livello l’intero progetto. Oltre al bravo ma, qui, troppo didascalico e legato Hugh Grant, nel cast spicca certamente la nostra Matilda De Angelis, giovane e “giunonicamente” perfetta nel ruolo che la Bier le ha affidato, che trasforma una storia torbida e angosciante in un pericoloso vortice di fascino e bellezza primordiale.

Tratta dal romanzo “Una Famiglia Felice” di Jean Haniff Korelitz, la sceneggiatura di questa mini serie prodotta dal colosso Sky è stata affidata al capace David E. Kelly che, recentemente, ha dato vita ad una delle più controverse e penetranti serie mai realizzate, ovvero “The Big Little Lies” in cui, tra le altre, spiccava una Nicole Kidman i cui tratti malinconici e indecifrabili diventano caratteristici anche in questo nuovo personaggio. Grace si ritrova, qui, a fare i conti con le bugie e i misteri del bel marito oncologo Jonathan che nel giro di 24 ore si ritrova ad essere dal perfetto capo famiglia, medico dei bambini malati e uomo attento e premuroso, a sospettato omicida di una candida, pura e giovane mamma.

La capacità della Bier risiede proprio nel costruire una storia che si arricchisce sempre più di elementi che fanno vacillare le certezze dello spettatore. La sceneggiatura si snoda egregiamente in una serie di sequenze che continuano a confondere tutti gli elementi della vicenda. Il punto di vista continua a cambiare, così da tenere lo spettatore in una situazione di continua incertezza.

Ci sono, però, delle imperfezioni che non rendono questa serie un capolavoro come “The Big Little Eyes” o altre produzioni. La figura di Jonathan, infatti, risente di uno spazio di movimento troppo limitato, per via di una scelta stilistica, e di un attore, che ne limitano i margini di espressione e di veridicità. Anche i poliziotti che indagano sul terribile omicidio cedono, a volte, il passo ad una troppo didascalica e retorica visione della polizia che si muove dentro una realtà, invece, più complessa e articolata. Il sospettato non è sempre l’omicida, e l’omicida può davvero nascondersi dietro ogni personaggio della storia.

Grazie, infine, a questa produzione possiamo assistere all’ennesima prova recitativa del gigantesco e sempre attuale Donald Sutherland che fornisce all’intero progetto un sapore nobile ed elevato che solo attori del suo calibro possono apportare.

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RIVISTO

MATCH POINT, di Woody Allen (Stati Uniti-Regno Unito 2005, 124 min.).

Il maestro che supera sé stesso. Woody Allen si cimenta con un “thriller” e costruisce un capolavoro. Inizialmente pensato per essere girato a New York, il progetto, a causa di problemi economici e con l’arrivo di un nuovo finanziatore, si sposta a Londra. Allen, costretto a lavorare con una troupe inglese, riesce comunque ad adattare la pellicola ai nuovi parametri e rivendica lo stesso la sua solita indipendenza creativa. Di “americano” rimane solo Scarlett Johansson, che sostituì l’impossibilitata Kate Winslet, che interpreta la sensuale e travolgente Nola Rice. La piccola e gracile Nola entra nella tranquilla vita del giovane e ambizioso Chris, promesso sposo della ricca e indefinita Chloe, e ne stravolge completamente i connotati. Suspense, angoscia e segreti diventano la cifra stilistica predominante di una vicenda che trasforma “Match Point” in uno dei “thriller” più coinvolgenti e riusciti degli ultimi anni.

La Londra raccontata da Allen diventa una protagonista assoluta di questa vicenda intrecciata e piena di colpi di scena. L’Inghilterra e la Johansson rimangono per altri due film le muse ispiratrici del regista newyorkese che, successivamente, ambienterà altri suoi film in Europa prima di tornare a girare nella sua New York.

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