VISTO&RIVISTO Il diritto e il dovere di opporsi

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di Andrea Minchella

VISTO

IL DIRITTO DI OPPORSI, di Destin Daniel Cretton (Just Mercy, Stati Uniti 2019, 136 min, Sky Cinema.).

Un bel film. Ben fatto e con un ritmo narrativo che si presta in maniera efficace ed equilibrata allo spinoso tema che affronta. In America, più che in Europa, l’ingiustizia giudiziaria è stata ed è tutt’oggi una spina nel fianco della democrazia e della sua popolazione. Le comunità nere, soprattutto negli stati del sud, spesso sono vittime di giudizi sommari che si basano su difese inesistenti e procedure scorrette. Omicidi e reati vengono più facilmente intestati a cittadini neri piuttosto che a “bianchi ed onesti” cittadini americani.

Questo film ci racconta di uno dei tanti casi che si verificano in quelle comunità che ancora oggi fanno fatica a far integrare le “minoranze”, anche se spesso rappresentano la maggioranza della popolazione. Il caso “Walter McMillian”, datato 1987, vede coinvolti, in una cittadina dell’Alabama, McMillian, ingiustamente arrestato per l’efferato omicidio della giovane e bianca Ronda Morrison, e il suo avvocato, Bryan Stevenson.

Stevenson, fresco di laurea in legge ad Harvard, appena trasferito nella cittadina dell’Alabama, inizia ad occuparsi di casi di condanne alla pena di morte sospette e prive di un processo giusto e equo. E proprio con il caso McMillian, e altri simili, comincia la sua attività di tutela legale minuziosa e gratuita, grazie all’associazione di assistenza legale a cui si lega. Il film, con un flusso continuo di immagini strazianti e dialoghi profondi, ripercorre l’enorme difficoltà e l’incessante caparbietà che scandiscono questa vicenda che diventa esempio e testimonianza di tutte quelle “storie” che per anni hanno riempito il braccio della morte nelle carceri di tutti gli stati americani. Proprio nel braccio della morte Johnny D, pseudonimo affibbiato a McMillian dalla polizia, vede la sua vita, destinata a terminare ben presto con una scarica di elettrocuzione, riprendere ossigeno e dirigersi verso una speranza carica di vita e di fratellanza.

Proprio la perseveranza di Stevenson, che ha scritto un libro sulla vicenda e da cui il giovane regista statunitense ha tratto il film, spezzerà quella catena di bugie e di negligenze che avevano portato ingiustamente McMillian in carcere. Un avvocato nero che difende un pregiudicato nero in uno stato come l’Alabama diventa un racconto iconografico, dalla forte e potente capacità di dipingere una storia universale di un’ America che ancora oggi fa fatica a convivere con una latente e strisciante discriminazione razziale. Seppur i passi avanti nel percorso dell’uguaglianza dei diritti tra etnie sono stati tanti, ancora oggi le divergenze e le distanze tra i neri e il resto della popolazione rimangono tante e profonde. La polizia che uccide per “eccesso di violenza” diventa termometro pericolosamente caldo di una frattura che ancora fatica a chiudersi.

Cretton si cimenta in un genere molto inflazionato ma riesce a fornirci un ritratto vero e profondo che ci fa riflettere, ancora una volta, sulla difficoltà, quasi ancestrale, di combattere l’individualismo in favore dei principi di fratellanza e di convivenza, scritti sulle carte di fondazione di uno stato o di un paese, ma che in realtà faticano a scandire veramente la vita di una comunità multi etnica ed eterogenea.

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RIVISTO

HURRICANE-IL GRIDO DELL’INNOCENZA, di Norman Jewison (The Hurricane, Stati Uniti 1999, 145 min.).

Norman Jewison, attento e sensibile autore americano, decide nel 1999 di raccontare una storia potente ed emblematica di un’ingiustizia giudiziaria che vede protagonisti il pugile Rubin Carter, un gigantesco Denzel Washington, e un ragazzo di Brooklyn che, dopo aver ricevuto l’autobiografia del pugile, decide di aiutarlo: Carter, infatti, si trova in carcere da diversi anni condannato a tre ergastoli per un triplice omicidio che, a detta sua, non ha mai commesso. Il ragazzo, dopo aver letto la sua autobiografia, straziante e carica di soprusi, decide di chiamare alcuni suoi amici avvocati affinché possano aiutarlo a far riaprire il caso per appurare la verità sugli omicidi che gli vengono imputati.

Il bravo Jewison confeziona un viaggio lungo due ore e mezza che porta lo spettatore dentro un America perennemente razzista e sempre pronta ad accusare la persona più debole ed indifesa. Un film sempre attuale e pieno di interessanti spunti di analisi. Da cercare e rivedere.

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