VISTO&RIVISTO Un inno alla vita commovente e non convenzionale

minchella vinterberg visto rivisto

di Andrea Minchella

VISTO

UN ALTRO GIRO, di Thomas Vinterberg (Druk, Danimarca-Svezia-Paesi Bassi 2020, 117 min.).

Apparentemente troppo lineare. In realtà molto profondo e minuziosamente costruito. Il bravo Thomas Vinterberg decide di mettere in luce ciò che ci può far rinascere, da una vita monotona e pericolosamente distante dal calore degli affetti e delle passioni. Il regista danese, che con “Festen” ci aveva violentemente catapultato nel freddo e duro modo di raccontare la verità, grazie anche al manifesto programmatico “Dogma” che impediva di realizzare film seguendo le tecniche tradizionali, ci racconta una storia normale, nella quale ognuno di noi può riconoscersi e ritrovarsi.

Quattro amici e colleghi, insegnanti in una “perfetta” scuola danese, si ritrovano per una cena, abituale e quasi rituale, in cui però, a causa di un bicchiere di troppo, uno dei quattro, Martin, scoppia in un pianto primordiale ammettendo le sue enormi difficoltà a vivere una vita professionale e sentimentale sincera e soddisfacente. Il suo malessere diventa presto il collante di un gruppo di amici che si riscoprono più vicini e simili di quanto non pensassero. Con l’idea di ricalcare alcune teorie di un filosofo, secondo il quale il tasso alcolemico dell’uomo dovrebbe essere sempre almeno pari o superiore, di poco, a 0.5 grammi/litro, con lo scopo di poter vivere un’esistenza più sincera e meno vincolata ai numerosi e opprimenti stereotipi, i quattro decidono di iniziare un esperimento sociale originale e intrigante.

Il gruppo, così, comincia a provare sulla propria pelle la trasformazione che la perdita di inibizione può apportare alle loro anime e, di conseguenza, alle loro vite. La verità e il mistero dell’esistenza umana sembrano diventare sempre più chiari e vividi ai quattro insegnanti che vedono subito un sostanziale cambiamento nel rapporto che hanno con i loro alunni. Ognuno nella sua materia, i quattro sembra riescano ad avere un contatto sincero e diretto che mai avevano avuto nel passato. Sembra che la loro anima riesca a farsi strada, tra i pregiudizi e le limitazioni che la società ci impone, per arrivare direttamente al cuore dei ragazzi che, ora, si accorgono che qualcosa sta cambiando.

Questa nuova “giovinezza” diventa una forza incendiaria, potente e iconografica, che rimette al centro delle vite dei quattro loro stessi, le loro passioni, i loro desideri e tutto ciò che hanno tenuto nascosto per anni. Soprattutto Martin, un mai così bravo Mads Mikkelsen, diventa padrone, di nuovo, della sua esistenza e della sua anima. Questa esperienza, che prende spunto da un esperimento poco rilevante, darà una nuova angolazione alla presa di coscienza, dolorosa e malinconica, della vita che scorre e della giovinezza che ci scivola dalle mani per non tornare mai più. Solo una presa di coscienza seria e profonda può fornirci tutti gli elementi necessari per affrontare la parabola della vita che, inesorabile, corre veloce verso la fine.

Vinterberg confeziona un poetico e commovente “libretto delle istruzioni” per affrontare al meglio ogni tappa della vita, anche quelle più dolorose o quelle più gioiose che evaporano più velocemente di un respiro sul vetro di un pub a tarda notte.

Questo racconto diventa un commovente e necessario inno alla vita e ad ogni sua sfaccettatura. Ancor più potente e vero se si pensa al discorso di Vinterberg, giustamente premiato con l’Oscar quest’anno, che dedica questa sua opera, e la vittoria come miglior film straniero, alla figlia Ida morta durante le riprese, uccisa da un automobilista distratto dal cellulare. Un inno alla vita sincero e convincente.

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RIVISTO

LE MELE DI ADAMO, di Anders Thomas Jensen (Adams AEbler, Danimarca Germania 2005, 94 min.).

Porgi l’altra guancia. Sempre e comunque. Questo crudo racconto, danese fino all’ultimo “frame”, ci racconta di come l’unico modo per vivere e convivere siano l’ascolto e l’empatia. Tutto il resto scompare se manca chi ascolta quando qualcuno parla. E non è un “consiglio” religioso: il film ci parla del potere laico della parola e del rispetto che dobbiamo avere per chi ci circonda.

Questo film diventa un manifesto universale della necessaria funzione della comprensione e della possibilità di dare una seconda opportunità, sempre e comunque, ad ogni individuo, anche a chi commette crimini efferati. La sopravvivenza della specie, della società moderna, può essere garantita solo con la parola, l’ascolto ed il perdono.

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