VISTO&RIVISTO Un racconto semplice che può insegnarci tanto

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di Andrea Minchella

VISTO

ARRIVEDERCI PROFESSORE, di Wayne Roberts (The Professor, Stati Uniti 2019, 90min.).

Johnny Depp non è una garanzia. Anzi. Il grande successo della saga di Jack Sparrow sembra l’abbia pagata con una interminabile lista di progetti mediocri e di film sbagliati in cui il “bello e dannato” di Hollywood non è riuscito a trovare uno spazio adatto alla sua capacità recitativa. Con “Arrivederci Professore”, invece, il ragazzo timido e impacciato di “Nightmare” ritrova una pellicola bella e convincente in cui può dimostrarci che ancora è in grado di trasmettere emozioni forti e uniche al di là del suo aspetto trasandato e destabilizzante.

Wayne Roberts decide di raccontare una storia non certo originale ma, inserendo un linguaggio fresco ed un ritmo mai scontato, trasforma un piccolo film in un interessante viaggio all’interno del concetto di libertà nella società contemporanea, sempre distratta e dipendente da futili e illusori valori di ricchezza e di successo.

“Arrivederci professore” racconta di Richard Brown, un professore di letteratura Inglese di un sontuoso e ricco college americano, che alla notizia tragica di un suo tumore ai polmoni in stato avanzato, decide di trasformare la sua vita in un concentrato di verità e spontaneità. Il bravo e convincente Johnny Depp incomincia a rapportarsi alla famiglia, agli amici e al lavoro, senza più preoccuparsi delle impalcature che la società ci obbliga a subire. Adesso il professore può dire ciò che pensa, e può fare ciò che pensa, togliendosi definitivamente quella maschera che per anni lo ha costretto ad una vita mediocre e sotto traccia. Finalmente la malattia rende la vita di Richard, anche se appesantita da una data di scadenza vicina ed improrogabile, leggera e spensierata, ma piena di riflessioni profonde e sincere. Finalmente i desideri e le pulsioni di Richard trovano spazio in una dimensione surreale e cinica, in cui sembra essere ormai inserita l’esistenza del bel professore.

Le sue lezioni diventano, per i suoi migliori studenti, un momento per esprimere davvero le proprie personalità. Il rapporto con la figlia diventa ancora più profondo e sincero. La relazione con la moglie, che sembrava essere arrivata al capolinea, si rinvigorisce grazie ad una forte dose di sincerità che sembra poter spazzare via tutte le distanze e incomprensioni che inevitabilmente una relazione amorosa rischia di sperimentare dopo diversi anni di vita. Insomma, la brutta notizia diventa motore generatore di una nuova esistenza, con nuovi canoni di bellezza, di poesia e di felicità. Dopo tutto, una brutta esperienza non cambia la nostra vita, ma sposta semplicemente il punto di vista delle cose. Tutto rimane come prima, siamo noi che vediamo e viviamo le cose, e le persone, con una prospettiva nuova e preziosa.

Il film, dunque, ci racconta una storia non così originale, ma lo fa con una preziosa semplicità che rende il progetto apprezzabile e, quasi, terapeutico per il difficile momento che stiamo vivendo. Questa nostra “quarantena” forzata non fa altro che farci cambiare la nostra prospettiva verso il mondo esterno. Il vero ed unico problema è sapersi adattare senza traumi.

La sceneggiatura è ben scritta e ben si inserisce nel ritmo pacato e misurato della narrazione. Gli attori sono centrati e tutti gli elementi stilistici e grammaticali si incastrano quasi perfettamente in un progetto apparentemente banale ma in realtà più sincero e complesso di quanto non sembri. Un ottimo riscatto per un attore che sembra subire una specie di maledizione, che lo porta quasi sempre a cimentarsi con progetti superficiali, sceneggiature mal scritte e personaggi indefiniti.

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RIVISTO

L’ATTIMO FUGGENTE, di Peter Weir (Dead Poets Society, Stati Uniti 1989, 128 min.).

Poesia pura. Weir con il suo” L’Attimo Fuggente” ci regalò uno dei momenti più toccanti e profondi del cinema moderno. L’interpretazione del poliedrico Robin Williams e la fotografia del bravissimo John Seale resero questo racconto un viaggio romantico e intimista nell’immenso mondo della poesia applicata alla vita quotidiana. Lo stimolo alla lettura e all’analisi della realtà che ci circonda, per mezzo della letteratura, qui diventano estremamente contagiosi, grazie alla stupefacente capacità del professor John Keating di spiegare l’arte a chiunque avesse davanti a sé.

Nel collegio maschile di Welton, nel Vermont, avviene un piccolo miracolo. Un gruppo di fortunati ed eterogenei studenti assistono increduli, prima, e affascinati, poi, alle lezioni dissacranti e originali dello strano ma nello stesso tempo magnetico professor Keating. I ragazzi sono spinti, da un Williams davvero convincente e commovente, a guardare le cose da un altro punto di vista, e a percorrere ognuno la propria strada, al di là delle convinzioni e dei desideri di altri. Un insegnamento, quello del professor Keating, che incontrerà non pochi malumori all’interno del severo e prestigioso collegio Welton.

Un film potente ed iconografico, che dovrebbe essere visto da tutti i ragazzi impegnati, s soprattutto in questo difficile periodo storico, in una scuola “di trincea” in cui, certamente, il punto di vista cambia, sul mondo e sulla vita che ci circonda, e, dunque, cambiano gli strumenti per poter leggere i nuovi scenari, più difficili e oscuri, cui siamo tutti costretti a rapportarci.

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