VISTO&RIVISTO Il poker diventa lo specchio delle anime in attesa

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di Andrea Minchella

VISTO

IL COLLEZIONISTA DI CARTE, di Paul Schrader (The Card Counter, Stati Uniti- Svezia 2021, 112 min.).

Un pugno nello stomaco. Una serie di non luoghi e un tempo sospeso che si mischiano sotto la luce artificiale dei neon dei casinò. Un senso di vuoto che ci pervade e ci lascia intontiti. Un rancore e una voglia di redenzione che trasformano il potente ed affascinante Oscar Isaac nel nostro migliore amico per tutta la durata del film. Durante la tetra ed asfissiante narrazione impariamo a conoscere l’enigmatico William Tell. Prima in carcere. Poi nei casinò d’America per mettere in pratica la sua limpida ed ossessiva capacità algebrica di leggere la realtà. Dialoghi asciutti, un tono di voce monocorde, attori bravi che diventano ombre e suoni di una vicenda di colpe violente e di desiderio di vendetta. Il potente e schietto Paul Schrader scrive egregiamente questo piccolo capolavoro che obbliga lo spettatore ad una visione attenta e coinvolta. Schrader è uno degli ultimi testimoni di un modo di fare cinema che non c’è più. Schrader è uno di quegli autori che non conosce il compromesso, ma che realizza sempre un racconto crudo e micidiale e che non fa sconti né sul piano stilistico né sulla scelta delle vicende che decide di mette re in scena.

William Tell è un militare i cui flashback deformati e agghiaccianti ci portano in un carcere di un paese indefinito del medio oriente in cui l’esercito americano, con l’aiuto di consulenti civili, interroga, tra violenze disumane e metodi raccapriccianti, il “nemico”, per ottenere risposte vere e confessioni attendibili. La mente di Tell, dunque, è piena di immagini violente che lo hanno trasformato in maniera irreversibile. A poco a poco capiamo che Tell è stato in carcere. Probabilmente proprio perché a quelle violenze ha preso parte. Ora Tell frequenta alcuni casinò del paese, sottotraccia e in maniera discreta, per tenere la mente, così gonfia di dolore occupata dalla lineare e terapeutica capacità algebrica di contare le carte da gioco e, dunque, di poter manipolare qualsiasi gioco d’azzardo.

In questo spazio indefinito e sospeso nel tempo Tell conosce un ragazzo che scopre essere il figlio di un suo compagno di violenze durante la sua vita da militare. Questo ragazzo vuole vendicare il padre, morto suicida di ritorno dalle sue missioni, uccidendo Gordo, quel consulente che formava i militari insegnando loro le tecniche più spietate di tortura e più efficaci per gli interrogatori. Gordo, interpretato da un Willem Dafoe sempre maledettamente centrato, diventerà presto anche l’obbiettivo di Tell. La vicenda si arricchisce della presenza della La Linda, qui con il volto e il corpo generoso di Tiffany Haddish, che risveglierà in Tell un desiderio di vita tenuto nascosto, ormai, da troppo tempo.

“Il Collezionista di Carte” è un intenso e sincero viaggio nella denuncia schietta e tormentata di un modello politico e sociale americano in cui il marcio non è nelle mele, ma nei cestini. Il richiamo a Guantanamo e alle violenze “di Stato” per ottenere risposte e confessioni è chiaro e circoscritto. La denuncia di Schrader ad un modello di “intelligence”, che sembra sempre più ricorrere ai ripari più che a prevenire azioni violente contro l’Occidente, è minuziosa e solidamente elaborata. Insomma, Schrader usa il gioco del Poker o del Black Jack per meglio descriverci lo stato d’animo di William Tell. L’attesa diventa la cifra grammaticale dell’intero progetto. Il riscatto e la redenzione, invece, diventano la luce in fondo al tunnel dell’esistenza di Tell, buio, tetro e asfissiante.

A completare l’eccezionale capacità visiva di Paul Schrader c’è la colonna sonora dell’eclettico e inarrivabile Geoff Barrow, musicista dei Portishead, che qui compone una musica litanica e straziante che esalta l’oppressione acustica di quasi tutte le sequenze. Una commistione tra immagini e musica che trasformano la narrazione in un’unica e sospesa esperienza quadrimensionale.

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RIVISTO

TAXI DRIVER, di Martin Scorsese (Stati Uniti 1976, 113 min.).

Scritto da Paul Schrader e diretto da Martin Scorsese, “Taxi Driver” diventa una delle più efficaci e crude denunce delle violenze “postume” che tutte le guerre si portano inesorabilmente dietro di loro.

Un Robert De Niro iconico e penetrante che scolpisce in maniera indelebile il suo Travis Bickle, e la sua violenza schizofrenica, nella mente di ogni spettatore di questo capolavoro del secolo scorso. Attuale e violentemente sincero.

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