«Non esistono ragazzi cattivi». I detenuti del Beccaria al Torno di Castano Primo

Detenuti Beccaria Torno Castano

CASTANO PRIMO – Non è volata una mosca per due mattine all’Istituto Torno di Castano Primo, il 29 novembre e il 9 dicembre, quando il progetto “Vivere la legalità”, realizzato in collaborazione con l’associazione genitori, ha portato a scuola minorenni coinvolti in procedimenti giudiziari per aver commesso reati, poi detenuti nel carcere minorile Beccaria o affidati alla comunità Kairos, fondata nel 2000 da don Claudio Burgio, cappellano del carcere minorile Cesare Beccaria di Milano.

Scuola sguarnito argine

L’evento è stato progettato per sensibilizzare studenti e docenti sui fenomeni della devianza sociale e della reità giovanile, ma l’occasione ha permesso di avviare la riflessione sul sistema carcerario italiano, in grave emergenza perché gravato da carenze di investimenti, e sull’emergenza sociale che si sta facendo sempre più pressante nelle varie realtà lombarde e alla quale la scuola fa da primo, e sguarnito, argine.

Le parole di John

Quando John inizia a parlare i trecento studenti vocianti di tutte le quarte e le quinte del Torno confluite in Aula Magna tacciono all’unisono e si fa un silenzio perfetto come nessun docente e nessuno spettacolo riuscirebbe ad ottenere da una fiumana di quasi diciottenni liberi dai banchi. John e gli altri magnetizzano l’uditorio perché raccontano drammi e storie non così distanti dalle vicende di tutti: la sala e il palco si specchiano in un processo di identificazione reciproca che è difficile non cogliere. Le liti con i genitori, il gruppo granitico di amici, e poi la droga, lo spaccio, o altri sbagli che d’un soffio si fanno reati gravi. Infine, l’arresto, e poi il carcere, estrema ratio in caso di minori, se va bene la comunità: John, Osama, Christian, Ciro, Vadro, Zaccaria questo hanno raccontato sotto la guida di Don Claudio Burgio, senza voler dare lezioni o consigli, ma con la sola forza della testimonianza.

La spirale di autodistruzione

Seduti un po’ rigidi nel posto dei relatori, uno dopo l’altro, i giovani di Kairos hanno ricostruito la spirale di autodistruzione che li ha condotti dai reati, spesso indotti dal consumo di sostanze stupefacenti, anche se i reati più diffusi fra i minori sono il furto e la rapina, allo scontro con la giustizia, alla misura cautelare in giovanissima età. Attentissimi gli studenti del Torno nel rendersi conto della pericolosità di errori spesso considerati peccati veniali, dando poco peso alla normalità dell’illegalità: intensa la riflessione sulla compagnia di amici sostituta della famiglia che poi abbandona quando sorgono i problemi, quando, dopo una misura cautelare, si finisce al Beccaria, dove mai si sarebbe potuto pensare di finire. Rapporti falsi quelli che ruotano intorno al consumo di cannabis. Il racconto dell’arresto che ti spacca la vita per ciascuno di loro è stato il momento più intenso della mattina: ospiti e studenti sono stati sull’orlo del pianto, riconoscendosi unici in grado di comprendere il dramma nato dalla non consapevolezza, che di colpo scaraventa nel trauma della privazione della libertà in carcere.

Il carcere come rieducazione

Scopo del sistema carcerario è la rieducazione, il reinserimento sociale: don Burgio ha insistito sull’essere questi ragazzi che sbagliano prima di tutto persone che nel carcere minorile o in comunità hanno il diritto di costruirsi una seconda possibilità. L’esperienza del Beccaria è forte, hanno sottolineato i ragazzi, ma hanno anche raccontato del calcio, degli allestimenti teatrali, del rapporto con Don Burgio. Può essere che si decida di prolungare il tempo passato in comunità e non è raro che accada, segno dell’avvenuta maturazione. Infatti, spiega sempre Don Burgio, le baby gang sono composte da ragazzi che non pensano, seguono la mentalità da quartiere disagiato: a spingerli ad azioni impulsive il bisogno, e la comunità aiuta a fermarsi, a ragionare per dare svolte radicali. Ce la fanno tutti. Qualcuno si è laureato ed è tornato in comunità da educatore. Le domande conclusive degli studenti del Torno hanno mostrato che il messaggio è passato: non esistono ragazzi cattivi, ma ognuno è artefice del proprio futuro.

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