Afghanistan, una disfatta davvero vergognosa

pellerin talebani america

di Ivanoe Pellerin

Cari amici vicini e lontani, le ultime vicende che hanno per protagonista l’Afghanistan mi hanno lasciato attonito, incredulo e desolato. Persino Ernesto Galli della Loggia, sempre molto cauto sulle posizioni della politica U.S.A., ha dedicato parole davvero pesanti dalle pagine del Corriere della Sera: “… la nostra condotta in Afghanistan, insieme stupida e vile, merita l’Oscar dell’ipocrisia.” Sono del tutto d’accordo e mi riferisco non solo alla politica dell’America ma a quella di tutto l’occidente che appare davvero sciocca, incapace e imbelle.

L’Afghanistan è un paese straordinario, già definito “crocevia dell’Asia centrale”, punto di connessione di numerose civiltà eurasiatiche che hanno molto spesso combattuto fra loro. L’aspetto geopolitico è importante. Confina a nord con le repubbliche di Turkmenistan, Uzbekistan e Tajikistan e questo giustifica le preoccupazioni della Russia che teme intralci politici e religiosi proprio alla frontiera sud. A sud e a est con il Pakistan da dove i talebani hanno sempre ricevuto aiuti e sovvenzioni; a ovest con l’Iran che non vede l’ora di tessere proficui legami con il nascente stato islamico con il quale tramare accidenti di ogni genere contro l’arcinemico, l’odiato occidente.

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Ivanoe Pellerin

Nel luglio 1973 il cugino del Re ed ex Primo Ministro, Mohammed Daud Khan organizza un golpe e mette fine alla monarchia che durava dal 1919 e che aveva permesso al paese di uscire dall’influenza dell’Inghilterra (gli inglesi hanno colonizzato mezzo mondo ma ne sono sempre usciti al momento giusto). Il primo Stato islamico dell’Afghanistan è proclamato il 17 aprile 1992. Il fronte dei Mujaheddin rimane sempre molto frammentato e disunito e questo consente la presa del potere dei talebani ad eccezione di alcuni territori settentrionali controllati dalla impropriamente detta “Alleanza del Nord ” delle restanti tribù dei mujahidin, guidati dal comandante Ahmad Shah Massoud , del cui figlio oggi si parla con evidente interesse.

All’indomani dell’ attentato terroristico dell’11 settembre 2001 gli Stati Uniti decidono di
invadere l’Afghanistan , dando il via all’operazione Enduring Freedom che si poneva come obiettivo la fine del regime dei talebani e la distruzione dei campi di addestramento e della rete di al-Qāida , il gruppo terroristico guidato da Osama bin Laden . Vista la sproporzione di forze, il regime integralista viene rovesciato in poco più di un mese, nel novembre del 2001.

Un’altra osservazione. L’Afghanistan, che presenta un territorio arido e montuoso dominato dall’Hindu Kush, da oltre 30 anni è al centro di un grande interesse di natura strategica non solo per la geografia che ne fa un crocevia tra Asia e Europa, ma anche per l’elevata presenza di minerali nel sottosuolo. In quello che sembra un territorio inospitale e arido giacciono milioni di tonnellate di rame, di minerale di ferro, di terre rare oltre a oro, argento, zinco, litio e mercurio. L’interesse degli occidentali per questa terra e oggi delle potenze asiatiche è legato proprio a questo. D’altronde è un fatto che sia Usa che Europa dipendano rispettivamente per l’80% e il 98% dalla Cina per la fornitura di terre rare, materiali in assenza dei quali non sarebbe possibile costruire batterie al litio, pale eoliche e pannelli solari. In quest’epoca green, molto dell’evoluzione tecnologica dipende da queste produzioni.

L’America si è impegnata davvero in Iraq dove oggi si regge, seppure con difficoltà, un governo sciita, poiché sciita è la maggioranza della popolazione. Ma in Afghanistan l’impegno è stato sempre debole e incostante, soprattutto dopo l’eliminazione di Osama bin Laden. Quello che sbalordisce è la ritirata molto poco strategica, un po’ assurda, che ha lasciato nelle mani dei talebani una quantità di risorse. Il presidente Biden si arrampica sugli specchi per giustificare ciò che non può avere alcuna giustificazione poiché nessuno ha fatto peggio. Appare addirittura molto peggio di quello che fece Carter nel 1979 con la brutta disavventura per la liberazione degli ostaggi a Teheran.

Guardate però che il disastro è iniziato già quando il grande Obama ha annunciato al mondo il ritiro dall’Afghanistan. Quando Obama dà inizio alla smobilitazione in realtà rinforza i talebani che capiscono ovviamente che è solo questione di tempo. Ricordate la famosa battuta che dice che se gli americani hanno l’orologio, noi (talebani) abbiamo il tempo? Ebbene quando Obama annuncia il ritiro è chiaro che l’orologio degli americani si è rotto e che i talebani devono solo aspettare.

Sul Quotidiano Nazionale Bruno Vespa, come al solito intelligente, dice una cosa di per sé evidente. Gli U.S.A. hanno mollato armi, droni, missili, carri armati, risorse importanti e questo dà il senso di come sia stata disastrosa la ritirata dell’America. È del tutto evidente che gli americani sono scappati senza rimorso poiché una uscita di scena può essere organizzata smantellando le basi, portando via le armi, organizzando un rientro controllato di uomini e mezzi e non lasciando tutte quelle risorse che verranno inevitabilmente utilizzate per consolidare lo stato islamico e quasi certamente contro l’occidente.

Tuttavia non possiamo lasciare ai soli Stati Uniti la responsabilità di questo disastro. Tutto l’occidente ne è stato artefice e complice ma solo la solita Merkel ha avuto il coraggio di affermarlo con parole dure e chiare. Purtroppo l’Afghanistan sarà in poco tempo uno stato canaglia ed una centrale terroristica di enorme portata con il quale dovremo fare i conti.

Questa è la realtà. Cari amici vicini e lontani, una parola politica ed etica. Dacia Maraini sul fondo del Corriere della Sera del 21 agosto afferma che occorre smetterla di affermare che non si può esportare la democrazia. Io non amo affatto la scrittrice ma sono del tutto d’accordo con queste parole. La democrazia è un principio universale e i diritti che afferma sono universali, non hanno latitudine o epoca ma affermano valori non negoziabili quali la libertà di parola, la libertà di pensiero e la libertà di movimento. La libertà è la prima aspirazione dei popoli. In questi tragici momenti, l’unica preoccupazione della vecchia Europa, che non riesce più non solo a difendere ma neanche ad affermare questi valori, rimane quella dei profughi e della probabile caotica emigrazione. A questo punto dal cuore una sola parola: vergogna!

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