Somma, Mari e Fabio: due padri ricordano i figli uccisi dalle Bestie di Satana

SOMMA LOMBARDO – L’abbraccio è sempre stretto e si rinnova ogni anno sul piazzale rovente di via Giusti accanto all’enorme arco gonfiabile con la scritta “arrivo” che segna il termine del trofeo di handbike Mariangela con noi. Quella di oggi, domenica 30 giugno, è l’undicesima edizione e ancora una volta, dopo tanti anni, Michele Tollis e Silvio Pezzotta si sono guardati in faccia a modo loro. Due padri consapevoli di aver perso entrambi l’amore della vita. Un figlio ciascuno, Fabio, per papà Michele; Mariangela, Mari, per papà Pezzotta. Li ha uccisi la stessa mano, le stesse mani: quelle della pseudo setta delle bestie di satana. E oggi tutti e due si sono ritrovati a commemorare i figli scomparsi. Ciascuno a modo suo.

tollis pezzotta

Due padri insieme per Mariangela e Fabio

Tollis oggi a Somma ci è tornato per un «Pellegrinaggio – spiega un po’ provocatorio – Ogni anno torno qui e raggiungo il luogo dove, nel 2004, fu trovata la fossa dove Fabio e Chiara Marino furono sepolti dopo la mattanza». Tollis per sei anni, Fabio fu massacrato il 17 gennaio del 1998, non ha mai smesso di indagare per capire cosa fosse accaduto al figlio. Non ha mai creduto alla fuitina con Chiara inventata proprio dagli assassini del ragazzo per mettere il tenace padre fuori strada. Anzi, alla fine, aveva individuato tutti i coinvolti ancor prima che gli inquirenti agissero. E a quella fossa spersa in mezzo ai boschi di Somma che oggi ne hanno cancellato ogni traccia, alla scoperta del destino di Fabio, ci si è arrivati attraverso Mariangela, l’ultima vittima del branco. Fu il suo omicidio a portare all’arresto di Andrea Volpe che decise poi di collaborare e di indicare il luogo della sepoltura. Oggi papà Michele ha ripercorso quei 1.600 metri tra i castagni (i cui ricci furono infilati nella gola di suo figlio) partendo dal santuario della Madonna della Ghianda e costeggiando il piccolo cimitero di Mezzana per poi addentrarsi nel bosco fitto. «Io ogni anno torno qui per ricaricarmi, per trarre forza da questo posto. Forza per andare avanti, nel nome di Fabio». Passo a passo Michele si immagina quella notte gelida, l’ultima di suoi figlio, con la terra ghiacciata a far scivolare le gomme dell’auto che lo portava alla morte. «Scelsero il percorso più lungo – dice Tollis – Quello che incrocia due chiese, una cappella votiva e un cimitero. Simboli sacri, probabilmente per rafforzare in loro l’idea, quella del satanismo, che avevano messo in piedi». E una volta arrivato in fondo al lungo sentiero papà Tollis, troppo emozionato, affida all’amica Barbara la lettura di Pianto Antico, la poesia di Carducci scelta per ricordare Fabio lì dove fu ucciso.

Da Maccione il tradimento più doloroso

Uno per uno Tollis ricorda i protagonisti feroci di quei fatti. Andrea Volpe, capo della setta insieme a Nicola Sapone: «Vent’anni di carcere per quello che ha fatto sono troppo pochi. Ma questa è la legge italiana e io da italiano la rispetto. Va detto che Volpe, collaborando, rivelò dove era stato sepolto Fabio». Mario Maccione, l’amico inseparabile di Fabio. «Dalle superiori – spiega Tollis – Ha sempre frequentato casa nostra. Sino a quando non ho saputo quello che aveva fatto l’ho sempre identificato come un gran mangiatore di torte. A casa nostra, quando veniva lui, non mancavano mai dolci. L’amico inseparabile di Fabio. Quello che dopo la scomparsa continuava a venire a trovarmi. Ha dormito nel letto di Fabio. Faceva l’amico preoccupato, diceva di volerci stare accanto: invece voleva soltanto sapere a che punto erano le indagini. Per controllare come ci stavamo muovendo. Il suo è il tradimento che fa più male». E poi c’è Mariangela Pezzotta sulla cui tomba Tollis non manca mai di portare un fiore. Oggi sono stati dei delicati gigli bianchi striati di rosa. Un gesto semplice, un fiore, una preghiera: «Il giusto omaggio a chi ha subito al stessa sorte di Fabio». Tollis è sempre stato chiaro su un punto: «Io non dimentico e non perdono. Vale per tutti, eccezion fatta che per Elisabetta Ballarin».

tollis pezzotta

 

Vorrei incontrare Elisabetta Ballarin

Lillibet, come la chiamava il padre da bambina. L’ultima fidanzata di Volpe, prima di lei fu Mariangela, che venne uccisa, alla presenza di Elisabetta nello chalet di Golasecca della famiglia Ballarin. Ed è lei, oggi, a essere un altro punto in comune tra questi due padri. Il gigante Silvio Pezzotta che oggi, a fronte di quella gara dall’alto valore sociale dedicata a sua figlia che ha richiamato partecipanti da tutta Italia ha sussurrato: «La Mari credo l’abbiamo ricordata bene». Che Elisabetta l’ha perdonata, non senza aver affrontato un percorso doloroso, e l’ha anche concretamente sostenuta. Lei ha affrontato il carcere riabilitandosi: due lauree, un lavoro, la voglia di ricostruire una vita completamente diversa. E quella che è diventata ha convinto Pezzotta che l’ha difesa dagli odiatori, ha firmato la sua richiesta di Grazia e ha concorso all’assegnazione alla ragazza di una borsa di studio. «Non è neanche una questione di perdono, ma di umanità – spiega – Aveva 17 anni. Cosa avremmo dovuto fare, ammazzarla? Avevano già ucciso la mia». Pezzotta si ferma: è sempre stato convinto che dopo Mariangela sarebbe toccato a Elisabetta. Sul supporto concreto dato alla ragazza Pezzotta parla come soltanto Pezzotta sa fare: «Ho cercato di darle un aiuto concreto. Sono fatto così. Credete che io possa cambiare alla mia età?». Tollis, dal canto suo, aggiunge: «Elisabetta non c’entra nulla con la morte di Fabio. E ha fatto un percorso notevole – dice – Vorrei essere certo del suo ravvedimento. Vorrei incontrarla e guardarla negli occhi, che sono lo specchio dell’anima. E ascoltarla raccontare di quei fatti».

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