Suriname, il villaggio avvelenato

IL MERCURIO UTILIZZATO PER ESTRARRE L'ORO AVVELENA L'ACQUA E UCCIDE

di Marta Mallamace

In Sudamerica, più precisamente in Apetina in Suriname orientale, tra le maestose foreste amazzoniche, il ritmo della vita si è interrotto. Il suono del lento scorrere del fiume è ora spento, gli uccelli preferiscono cantare altrove e le risa dei bambini che un tempo giocavano nel fiume Tapanahomi oggi non si sentono più.

In questa realtà remota, in un piccolo villaggio, sta accadendo qualcosa di tragico: la popolazione nativa dei Wayana ed il suo habitat rischiano di scomparire e, con loro, il patrimonio genetico e culturale che li caratterizza: dalla lingua parlata al ruolo di vitale importanza nella conservazione della biodiversità del luogo. Non possono scegliere di andarsene, perché non ne hanno la possibilità, così muoiono assieme alla loro terra tra malattie neurologiche, carestie alimentari e condizioni igienico-sanitarie devastanti.

La causa di ciò che sta accadendo è riconducibile ad un nemico potente. Un nemico in grado di piegare l’uomo rendendolo schiavo: il profitto. Queste terre incontaminate sono infatti ricche di risorse aurifere, il loro terreno è ricco d’oro. Da diversi anni “i cercatori” di questo metallo prezioso assediano i villaggi, setacciano ogni granello di terreno calpestabile, prosciugano ogni fonte d’acqua potabile, lasciandosi alle spalle una natura stanca e debilitata, a causa di un’antica tecnica rudimentale: l’estrazione con il mercurio. Così divengono padroni e, sostenuti da legioni di altri commercianti, si fanno grandi sulle spalle dei propri fratelli che abitano quei luoghi, macchiandosi dell’enorme peccato di aver stretto un patto di sangue, in cambio di fortuna e ricchezza. Il mercurio è infatti utilizzato per separare le particelle d’oro dai sedimenti del fondale del fiume, particelle che poi si legano e formano un composto che viene scaldato in modo da far evaporare il mercurio e conservare l’oro. È un metodo che genera una dispersione di mercurio nell’acqua e nell’aria in elevate quantità. Quello che si deposita sul fondale e si unisce al materiale organico, forma il metilmercurio: un composto estremamente tossico, perché si accumula con estrema facilità negli organismi, trasmettendosi ai vari anelli della catena alimentare.

La quantità di mercurio in Suriname è superiore al limite di sicurezza internazionale, si stima dieci volte tanto, e il paese ne è pieno: è presente nell’acqua, nei sedimenti fluviali, nel pesce. L’incubo peggiore è ciò che sta colpendo i bambini: le malattie che sono ancora in fase di studio. Ma secondo accertamenti preliminari fatti dalle autorità locali, nel villaggio sono nati piccoli con malformazioni. Ma le conseguenze del mercurio non sono sempre visibili. Fra le condizioni cliniche ci sarebbero atroci dolori, problemi di coordinazione, tremori agli arti, paralisi totali. Le madri non sanno come fronteggiare questa situazione e di dottori ce ne sono pochi. Talvolta i bambini verrebbero perfino abbandonati rischiando di morire per mancanza di cure. Spiega una delle madri: “Gli abitanti adulti sviluppano tumori, ed è stata diagnosticata in alcuni casi, la malattia di Minamata, una sindrome neurologica data da un’intossicazione acuta da mercurio, estremamente  e debilitante a cui, ancora, non è stata trovata cura”. La situazione è estremamente grave e senza un deciso intervento da parte della comunità internazionale, la debole popolazione, molto presto, potrebbe scomparire per sempre.

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