Umberto Bossi fuma il sigaro in un ristorante di Arluno. Ed è bagarre

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ARLUNO – Il sigaro di Umberto Bossi è entrato nell’immaginario collettivo come la canottiera che il fondatore della Lega sfoggiava negli anni ruggenti del leghismo “duro e puro”. Sul toscano, marca Garibaldi (quasi un paradosso), e sulla canottiera si potrebbero scrivere trattati. In effetti, qualche sera fa, un esaustivo docufilm sulla Nove sottolineava i messaggi più o meno subliminali quanto incisivi che da essi derivavano. Oggetti nazionalpopolari che contribuiscono a sostenere il mito. Perché Bossi, piaccia oppure no, è un mito della nostra epoca. E non serve spiegare perché.

Un personaggio comunque a suo modo divisivo. Come il sigaro. Causa di una accesa discussione in un ristorante di Arluno dove, ieri sera, venerdì 13 dicembre, Bossi era ospite della locale sezione del Carroccio. Pizza, Coca Cola e Garibaldi. Un classico. Soltanto che accanto ai tavoli occupati dai militanti della Lega ce n’erano altri che ospitavano un gruppo di amici, quasi tutti giornalisti riuniti per lo scambio degli auguri natalizi. Qualcuno di loro fa notare che nei locali pubblici non si fuma. Chiede al cameriere di intervenire per far rispettare le regole e, apriti cielo: alle rimostranze fa seguito una levata di scudi in difesa della deroga non scritta e ad uso del momento sul diritto di fumare del Senatùr. Bossi è Bossi, è debilitato dalla malattia, si può anche chiudere un occhio. Magari tutti e due.

Poco dopo, l’ex leader del Carroccio tenta un discorso di saluto, ma nello stesso momento si alzano i calici dei dirimpettai di tavola: si brinda al Natale. Scoppia la bagarre. In molti alzano la voce, imprecano ai “comunisti” che disturbano l’improvvisato comizietto e zittiscono chi cerca di controbatterli. La serata è attraversata da lampi di tensione. Per fortuna tutto finisce lì. Umberto Bossi parla ai suoi e gli altri affrettano il cin cin, sottovoce. Siparietto senza conseguenze, ma anche indicativo di una difficile convivenza quando di mezzo c’è la politica. Segno dei tempi, forse. O della buona creanza che va in fumo?

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