“Up&Down”, Ruffini scalda il Teatro Condominio

GALLARATE – Innovativo, energico, con un alto tasso di buonumore. L’“One man show collettivo” di Paolo Ruffini presentato al Teatro Condominio di Gallarate  coinvolge, rompe gli schemi, fa pensare, diverte e istruisce. Fa capire che il diverso è un arricchimento e non una privazione, che insieme è meglio che da soli, che le barriere sono pregiudizi da abbattere perché esistono soltanto nella mente di ciascuno. “Up & Down” non è soltanto un opposto contenuto nel titolo, lo diventa per definizione: comico eppure toccante, leggero eppure intensamente pieno di contenuti.

Gli hater

La cattiveria non ha limiti, sui social è la regola. Sulla pagina ufficiale di “Up & Down” è comparso questo messaggio sotto la foto ufficiale dello spettacolo: “Non vedo la differenza tra i down e Ruffini”. Lui ci ha pensato qualche ora prima di rispondere, poi ha scritto: “Infatti non c’è”. Ha ragione. In quasi due ore di spettacolo il tema della disabilità non viene mai accentuato, viene semplicemente vissuto con naturalezza. Proprio come in “Quasi amici”, lo straordinario film francese del 2011 diretto da Olivier Nakach. Eppure Paolo Ruffini recita sul palco insieme a cinque ragazzi down più un ragazzo autistico. Sono tutti professionisti, cresciuti artisticamente all’interno della Compagnia Mayor Von Frinzius di Livorno. Il rischio è quello dello sfruttamento? “Sì, mi sfruttano tantissimo, a cena tocca sempre a me pagare”, dice in tono decisamente ironico Ruffini.

Un monologo collettivo

Con “Up e Down” l’attore toscano racconta le relazioni umane in chiave comica. O almeno ci prova, perché i suoi monologhi sono costantemente vittima di una serie di buffi boicottaggi, in cui ogni attore dimostra al protagonista di essere più abile di lui in molte cose. Talvolta, però, sul palco Ruffini ci resta da solo per davvero. Prima con una riflessione nostalgica dei bei tempi che non ci sono più, di tutto ciò che è scomparso a partire dalla Ilota del Grillo Parlante. Poi con una feroce critica strappapplausi sulla società moderna, cresciuta culturalmente come se la felicità fosse una colpa. “Io sono ribelle, dunque parlo di cose belle”, dice. “Perché ti devi vergognare a essere felice?”. Ruffini e i suoi ragazzi vogliono insegnare proprio questo: essere abili al sorriso.