Il centrodestra varesino è unito. A parole

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Siamo sicuri che in provincia di Varese il centrodestra abbia sancito un patto di ferro in funzione elettorale? Diciamo che l’intesa c’è, ma è scritta sulla sabbia. Perché imposta dall’alto, subita in alcune situazioni, sostenuta da opportunità politiche piuttosto che da chiare convinzioni sia sulla inoppugnabile necessità di presentarsi uniti, sia sulla scelta dei candidati a sindaco. Con un motivo di imbarazzo e incertezza in più, che deriva dall’attivismo di Fratelli d’Italia, partito che i sondaggi danno in forte crescita e che, proprio nel nostro territorio, conduce la danza pre elettorale a fronte di una Lega comunque a disagio rispetto agli alleati meloniani che cercano di prendere il sopravvento; e rispetto a ciò che rimane di Forza Italia, schierata in difesa di quel che le resta dopo l’inchiesta Mensa dei poveri e decisa a combattere una battaglia identitaria per non farsi schiacciare dalle due formazioni maggiori dello schieramento. All’apertura delle urne mancano più o meno cinque mesi, un tempo lungo per considerare chiuse le trattative e, a destra come a sinistra, esposte a possibili stravolgimenti dell’ultima ora.

Per restare al centrodestra, le variabili in gioco sono parecchie. Una su tutte: l’incertezza dominante a Varese, il capoluogo, dove il prestigioso candidato leghista, Bobo Maroni, non si è ancora presentato in campo aperto a causa di infauste condizioni di salute che al momento ne limitano l’attività. L’augurio è che possa risolvere quanto prima i suoi problemi, benché potrebbe anche decidere un passo indietro. A quel punto si disvelerebbero scenari inediti sul versante politico, fino a rimettere in discussione gli stessi equilibri provinciali del centrodestra. Di più: trovare un sostituto all’altezza di Maroni sarebbe comunque impossibile. Ma forse stiamo correndo troppo date le reiterate rassicurazioni ufficiali di un Bobo Maroni deciso a non mollare il colpo. E questo, al di là di ogni altra considerazione, è già una buona notizia.

Se la Lega a Varese è in attesa che siano dissipati tutti i dubbi, a Busto Arsizio il partito di Matteo Salvini fa i conti con l’irruenza di Fratelli d’Italia, le aspettative e le frustrazioni di Forza Italia e le annunciate dimissioni da segretario di Francesco Speroni, colpito al cuore dal diktat per la candidatura bis di Emanuele Antonelli, al quale l’ex ministro delle Riforme avrebbe preferito un leghista. Così come gran parte della storica sezione del Carroccio, che ha dovuto accettare obtorto collo di appoggiare il sindaco uscente. Tutti coperti e allineati in casa Lega, ma soltanto in apparenza. Tant’è vero che si sta cercando un sostituto di Speroni meno ostile ad Antonelli. Già, ma chi? Se non lo si trovasse arriverebbe di sicuro un commissario. E addio sogni di gloria a tutto favore dei “Fratelli” che a Busto, determinati e meglio organizzati dei loro soci, impongono e dispongono. Come ad esempio l’annunciata lista del sindaco, alla quale guardano con netta contrarietà sia leghisti sia berlusconiani, ma che è prossima ad essere completata. Non senza qualche sorpresa.

Per non parlare infine di Gallarate. Qui, è vero, la candidatura di Andrea Cassani sulla carta è blindatissima. Attenzione, però: nelle ultime settimane Fratelli d’Italia è parsa in qualche modo poco convinta di concedere ulteriore fiducia a Cassani. Chiudendo la faccenda solo dopo gli accordi a livello provinciale: Varese e Gallarate a un candidato leghista, Busto all’esponente della destra. E allora, quale significato dare alle ultime dichiarazioni di Ignazio La Russa: “Se Cassani vorrà ricandidarsi, noi lo appoggeremo”. Come “se vorrà ricandidarsi?”. E’ già candidato. Della due l’una: o La Russa non lo sa, o le sue parole sono da interpretare. Soltanto una malignità, la nostra? Di sicuro, il centrodestra unito può vincere (alcune esperienze del recente passato in verità non lo garantiscono), ma prima deve dimostrare di essere unito nei fatti, non soltanto a parole.

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