Varese, fame di soldi per pagare bollette e affitti. L’allarme dei Servizi sociali

VARESE – «La ripresa ancora non si avverte e ciò che stiamo affrontando è l’onda lunga della crisi economica. Lo dicono i numeri, ma soprattutto le richieste di sostegno economico in aumento ai Servizi sociali». In poche parole stanno finendo i soldi: nelle tasche della gente, ma anche nelle casse del Comune. E chi lancia l’allarme è Roberto Molinari, assessore ai Servizi sociali.

Molinari, partendo da quanto è stato fatto finora dall’amministrazione, mette sul tavolo i dati dei nuovi bisogni, gli interventi durante la fase acuta dell’emergenza sanitaria, quanto si continua a fare e ciò che invece sarebbe necessario mettere in campo per rispondere a una domanda di bisogno che ormai arriva anche da chi non ha mai cercato (prima d’ora) un sostegno economico pubblico.

I numeri

Durante il lockdown, nei mesi di aprile e maggio sono stati 46 i casi di cittadini che per la prima volta si sono rivolti ai Servizi sociali. Numero che è salito a 60 nel mese di giugno, per poi registrare 30 accessi a luglio, 25 ad agosto e 32 a settembre. Per un totale di 193 casi. Di questi, circa il 50 per cento sono richieste di sostegno economico. E per l’esattezza: 21 nel bimestre di lockdown, 34 a giugno, 22 a luglio, 15 ad agosto e 19 a settembre.

Bisogni vecchi e nuovi

«A oggi possiamo dire che la richiesta di sostegno alimentare è stata soddisfatta con tutta una serie di interventi, iniziative e misure – spiega l’assessore ai Servizi sociali Roberto Molinari – Quello che sta venendo avanti sono le necessità economiche. La gente inizia a non avere più soldi per pagare affitti, bollette, mutui. Credo che l’onda lunga della crisi economica del Covid inizi a fare sentire i propri effetti. Purtroppo i più temibili».

Già perché oltre ai numeri riportati qui sopra non bisogna dimenticare i casi già seguiti dai Servizi sociali, che «sono rimasti tali e abbiamo continuato a seguire», precisa Molinari. La preoccupazione, infatti, è che il bisogno ha ormai toccato quella che viene definita “zona grigia”, ovvero quella fetta di società che non naviga certo nell’oro ma nemmeno ha mai avuto bisogno di bussare alla porta dell’assessorato. Cittadini e famiglie che prima del Covid riuscivano a tirare (con difficoltà) fine mese, ma che con la perdita del lavoro, magari senza nemmeno cassa integrazione, ha superato il sottile filo tra “il restare a galla” e il bisogno.

«Ed è un bisogno economico – precisa Molinari – alla quale si può solo rispondere con risorse fresche. Che abbiamo sempre in minor misura. Del resto anche le entrate del Comune, da inizio anno, si sono di fatto azzerate. I servizi abbiamo continuato a mantenerli, ma i bisogni, come si può vedere, sono aumentati».

Le risposte messe in campo

Da un lato voucher, rete alimentare, buoni spesa e collaborazione con le associazioni hanno permesso di rispondere alle prime necessità che l’emergenza sanitaria ha messo a nudo. Dopo di che è esplosa la necessità del sostegno economico. «E per far fronte alle nuove richieste – spiega l’assessore – abbiamo anche dato vita a un Fondo di mutuo soccorso, dove le donazioni dei varesini, ma anche delle parti sociali o delle associazioni stanno permettendo di aiutare chi è in serie difficoltà».

Governo e Regione: uno sforzo in più

Insomma il Fondo di Palazzo Estense come via diretta per far fronte a chi ha bisogno, ma anche una rete solidale delle associazioni. «E’ chiaro – continua Molinari – che questo non può bastare. Il governo deve iniziare a pensare di coprire le mancate entrate degli Enti Locali, ma anche Regione Lombardia non può limitarsi a confermare quanto stanziato in passato. Sul Sociale serve uno sforza in più».

Un Piano Marshall per il Sociale

Molinari plaude ai fondi che Palazzo Lombardia ha stanziato per far ripartire cantieri e opere pubbliche: «Giusto e importante sostenere la ripresa del lavoro», ma ora occorre aiutare le «infrastrutture sociali. I cui servizi e costi sono aumentati».

Molinari poi conclude: «Attenzione a non investire sul sociale e sui nuovi bisogni. Il rischio concreto è quello di mettere a rischio la coesione sociale, ma anche la normalità quotidiana. Non dare risposte a chi ne ha necessità significa alimentare quella che in poco tempo potrebbe diventare una bomba sociale. Che qualora esplodesse metterebbe in seria discussione anche il tema della sicurezza».

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