VISTO&RIVISTO La società dell’apparire nel nuovo incubo di Jordan Peele

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di Andrea Minchella

VISTO

NOPE, di Jordan Peele (Stati Uniti 2022, 130 min.).

Jordan Peele alza l’asticella. E te ne accorgi da subito. Dalla citazione biblica che apre il suo terzo film. Capisci immediatamente che assisterai a qualcosa di grande, di potente, di clamorosamente iconografico e mitologico. Dopo “Get Out” e “Us” il regista statunitense dirige un saggio sulla potenza dello sguardo e sulle sue infinite declinazioni nella società contemporanea, che di una quantità infinita di immagini ferisce e perisce.

Peele confeziona un racconto claustrofobico sulla bulimia incontrollata del desiderio di apparire, immortalare, raccontare ed essere raccontati. La società in cui viviamo oggi è ormai totalmente dipendente dal giudizio che si forma sulla base di apparenze e grazie alla moltitudine di immagini che circolano incontrollate sulla rete. Le persone che ci circondano sanno tutto di noi e noi sappiamo tutto di loro. O crediamo di sapere. Questa contraddizione, che è diventata materia fondante dei rapporti che abbiamo con il mondo, diventa epica poetica in “Nope”. Nella pellicola vengono violentemente centrifugati simboli, icone, bugie, apparenze, luoghi comuni e verità sconcertanti, e gettati contro lo spettatore inerme che crede di assistere ad un “horror”, ma in realtà assiste ad un capolavoro.

Il film, seppur con qualche forzatura e qualche peccato di autoreferenzialità, ci spiega, molto meglio di mille dibattiti, il limite della civiltà moderna di controllare le conseguenze sorprendenti che una dilagante e caotica invasione di immagini e sguardi possono avere sulle nostre vite quotidiane. Peele scrive, in maniera puntuale e geniale, la storia di due fratelli, Ermerald e OJ, che lavorano per la più grande industria di illusioni e di desideri che siano mai esistite: quella del cinema di Hollywood. Ma anche Hollywood può vivere una profonda crisi a favore dei “social media” che sembrano avere, ormai, conquistato il dominio assoluto della diffusione di immagini e di illusioni.

Dunque i due ragazzi vogliono arricchirsi velocemente, visto che la loro storica attività, di fornire cavalli all’industria cinematografica, è in crisi da tempo. Credono che filmare e testimoniare un avvistamento di UFO nella loro sconfinata tenuta, poche miglia fuori Los Angeles, possa garantire loro una ricchezza ed una tranquillità sufficienti per cambiare definitivamente stile di vita. Avvicinarsi, però, troppo alla creatura che realmente si è palesata sulla loro tenuta non sarà semplice come filmare un cavallo che galoppa in un prato.

Il racconto è pieno di simboli e richiami cinematografici, perché Peele, prima di diventare un regista, è uno spettatore incallito e maniacale. Come Quentin Tarantino, il regista di “Us” ha divorato migliaia di film prima di scrivere “Get Out”, la sua pellicola d’esordio che lo ha reso famoso in tutto il mondo. In “Nope”, dunque, ritroviamo il linguaggio, finemente rielaborato, di Spielberg, Kubrick, Shyamalan e anche di Hitchcock. Le fonti di ispirazione di Peele si fondono perfettamente con la storia e la sceneggiatura, dando vita ad un viaggio di due ore appassionante e terrificante. Le inquadrature si deformano creando sequenze profonde e angoscianti che ci immobilizzano sulla poltrona del cinema. La fotografia, affidata allo storico collaboratore di Christopher Nolan, trasforma l’inquietudine di Jordan Peele nella nostra paura dell’inconscio e nella nostra ancestrale avversione per il buio. Solo gli occhi di OJ riescono a lacerare le soffocanti ed incessanti sequenze notturne.

Un capitolo a parte riguarda la sconvolgente storia dello scimpanzè che apre il film e che, come un filo conduttore strisciante, lega l’intera opera di Peele. La storia qui raccontata, in cui lo scimpanzè Gordy è il protagonista di una “sit-com” del 1998, prende spunto da un’incredibile storia vera che sconvolse l’America della fine degli anni novanta. Uno scimpanzè, cresciuto quasi come un figlio, aggredì in maniera disumana un’amica della sua “mamma” adottiva. Questa storia, come tante, colpì molto l’opinione pubblica, che però, come spesso accade, non incominciò a vedere gli animali come animali, ma continuò a considerarli come degli umani venuti male. Da qui i moltissimi incidenti che ripetutamente avvengono tra uomini e animali.

“Nope”, dunque, va visto e rivisto per catturare tutti gli spunti che Jordan Peele è stato in grado di inserire in un’opera completa e all’altezza delle aspettative.

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RIVISTO

SIGNS, di M. Night Shyamalan (Stati Uniti 2002, 106 min.).

Gli alieni secondo Shyamalan. Uno sguardo inedito ed innovativo su uno degli argomenti più utilizzati ad Hollywood. Un grande Mel Gibson ed un promettente Joaquin Phoenix ci raccontano dell’inquietante intrecciarsi delle nostre paure più profonde con l’atavico terrore di un’invasione aliena.

Da rivedere per capire sempre qualcosa in più del nostro “io” più nascosto.

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