VISTO&RIVISTO L’assurda follia del potere dell’ideologia dogmatica

minchella bellocchio rapito

di Andrea Minchella

VISTO

RAPITO, di Marco Bellocchio (Italia- Francia- Germania 2023, 134 min.).

Bellocchio inarrestabile. Il regista piacentino, dopo il gigantesco “Esterno Notte” realizza un altro agghiacciante ritratto di un’Italia che ha faticato sempre e fatica tuttora a pacificarsi con il passato e a sconfiggere definitivamente i suoi demoni.

La storia di Edgardo Mortara diventa qui un affresco epico di un’Italia imprigionata tra il potere smisurato, terreno e violento della Chiesa e un popolo alienato da un dogmatico e oppressivo senso di sottomissione al divino. La vicenda del piccolo Edgardo stimola la schiettezza di Bellocchio che realizza un’opera asfissiante, con accese tinte gotiche, in cui lo stile ed il linguaggio dell’autore si dissolvono a favore di una narrazione incalzante che lascia lo spettatore spesso disorientato. Perché se da un lato è chiaro il sopruso che la Chiesa compie nei confronti degli ebrei, ridicolizzandoli e dileggiandoli come fossero il vero nemico dei cristiani, dall’altro il film cerca di cristallizzare il punto di vista di Edgardo, un bambino di soli sei anni che viene allontanato con la forza dalla sua famiglia di religione ebraica per essere rinchiuso nel Casa dei Catecumeni dove poter essere indottrinato e reso un sacerdote.

Assistiamo, dunque, ad un racconto crudo in cui il bravo Bellocchio non ci fornisce elementi utili per giudicare. La violenza della Chiesa deve essere contestualizzata nell’Italia stretta tra la presenza dello Stato Pontificio e la sempre più dilagante voglia di nazionalismo, alimentata anche da un’Europa che stava quasi completamente trasformandosi in una terra liberale e laica. Proprio a cavallo della storia del piccolo Edgardo Bologna, città dei Mortara, passò da territorio pontificio a città appartenente al nascente Stato Italiano. Questa rapida trasformazione dell’Italia rese possibile, in parte, lo stato d’accusa della Chiesa che, con il suo tribunale dell’Inquisizione, poteva operare indisturbata, con qualsiasi mezzo, per convertire ogni infedele che riteneva tale.

Bellocchio contrappone con un montaggio a volte esasperato le due religioni, le preghiere, le persone, i luoghi, i riti. Apparentemente distanti, i due spazi in contrapposizione si sfiorano, si toccano ma l’incomunicabilità delle persone permea la vita e le azioni di ogni personaggio. Bellocchio fa di più. Contrappone con un gioco ossessivo di inquadrature il padre di Edgardo, Momolo, e Papa Pio IX che diventa il padre spirituale del bambino. Dunque il regista non vuole formulare un giudizio, troppo complesso, ma ci fornisce una serie di elementi sconcertanti che non possono lasciarci inermi. Al centro c’è il piccolo Edgardo e il suo violento ingresso nel mondo adulto e nell’assurda follia dell’ideologia religiosa e politica che annienta migliaia di persone solo per dogmi più mitologici che concreti. La follia dell’integralismo, di cui oggi molti si scandalizzano, ha attraversato nel profondo ogni centimetro dell’Italia che, ancora oggi, fatica a liberarsi delle continue ingerenze da parte della Chiesa nei confronti di uno Stato laico.

Rapito è un film necessario perché racconta di una vicenda poco conosciuta che può chiarire maggiormente tante scelte che hanno dilaniato l’Italia negli anni successivi (basti pensare alle leggi razziali di Mussolini). Bellocchio ha probabilmente perso una certa dose di poetica narrativa ma ha realizzato pellicole con una gigantesca dose didattica per una società che spesso dimentica o non conosce episodi che hanno invece segnato la storia del proprio paese.

A favore del regista, come sempre, c’è un cast capace e centrato. Barbara Ronchi e Fausto Russo Alesi sono i genitori disperati di Edgardo Mortara. C’è Fabrizio Gifuni che impersona perfettamente il monsignore inquisitore Pier Gaetano Feletti. Paolo Pierobon è il Papa e Filippo Timi è il Cardinale Antonelli, a volte dubbioso, sempre al fianco del controverso Pio IX.

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RIVISTO

L’ORA DI RELIGIONE, di Marco Bellocchio (Italia 2002, 103 min.).

Bellocchio, forse, nel suo ultimo vero capolavoro. L’ipocrisia della società moderna, la disturbante voglia di una vita laica, la contrapposizione di ideologie e la dogmatica aderenza alla divinità sono le colonne portanti di un affresco schietto e angosciato in cui un bravissimo Sergio Castellitto ci regala la sua migliore interpretazione di sempre.

Potente e pieno di spunti di riflessione che non hanno tempo né età e che servono a cercare dentro di noi la vera fede laica ed universale.

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