25 Aprile: derby tra fascisti e comunisti, ma non solo

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Matteo Salvini lo definisce un derby tra fascisti e comunisti. Così, il 25 aprile, il segretario leghista, nonché ministro dell’Interno, sarà a Corleone a un evento contro la mafia. Per dirla in un altro modo, si dissocia dalle celebrazioni per la Resistenza. In scia al “capitano” vanno i ministri della Lega, che hanno annunciato di disertare gli appuntamenti in programma per l’anniversario della Liberazione. Fanno bene? Sanno che buona parte del loro elettorato non smania per Bella ciao. E si comportano di conseguenza.

Ma sanno anche che puntuale, a ogni primavera, il 25 aprile si trascina una stanca, persino stucchevole coda polemica. Le prime pagine dei giornali più autorevoli ospitano già da alcuni giorni editoriali e commenti per sottolineare, contrappuntare, esortare. Tra retorica e approfondimenti si cerca di marginalizzare o, al contrario, di esaltare, attualizzandolo, un periodo della storia del nostro Paese che, piaccia oppure no, ci ha dato la democrazia. Basterebbe questo per chiudere ogni discussione, per evitare i derby politici. Perché è di questo che si tratta, della politica che s’impossessa di una data per inasprire il confronto, rimarcando le differenze.

In principio, e per alcuni decenni, l’anniversario della Liberazione aveva un marchio preciso: la sinistra se ne era intestata significato e sostanza, quasi impedendo che la festa fosse di tutti. “Troppo rosso attorno al 25 Aprile” era e rimane l’accusa. Ma anche troppi allarmismi attorno a rigurgiti neofascisti che, sì, fanno capolino da alcuni parti, ma fino a prova contraria rimangono episodi isolati, che trovano udienza sui media e, anche per questo, per la loro immeritata e esagerata visibilità, spaventano. Sono da condannare senza se e senza ma: da qui a dire che il fascismo è di nuovo un pericolo incombente forse ne corre di strada.

Qualche anno fa la parola chiave era pacificazione. Si cercava di superare le liti affermando che i morti erano tutti uguali. Certo, vittime che stavano anche dalla parte sbagliata, pur sempre vittime. Non una questione revisionista, piuttosto un’esigenza, a tanti anni di distanza da quel 25 aprile, di chiuderla con la “guerra ideologica”. Siamo al punto di partenza. I presupposti sembrano però altri, certo, ci sono ancora, seppure in maniera residuale, i comunisti e i fascisti; dominano invece le nuove categorie della politica che proseguono un altro tipo di derby in funzione del consenso. Così, l’anniversario della Resistenza diventa il pretesto per riaprire vecchie ferite che ne generano di nuove. E se Salvini sceglie Corleone, giustificandosi con il fatto che “il 25 aprile ci saranno i cortei, i partigiani e i contro-partigiani, e i rossi, i neri, i verdi e i gialli. Siamo nel 2019 non mi interessa il derby fascisti-comunisti. Mi interessa il futuro del Paese”, i suoi alleati pentastellati presenzieranno invece alle cerimonie per la Liberazione. Appunto, un altro tipo di derby. Col pretesto di una data che, comunque la si intenda, è nella nostra storia. E ci permette di essere a Corleone, al mare o da qualunque altra parte invece di celebrarne i protagonisti e gli effetti positivi del loro sacrificio. Di cui beneficiamo ancora oggi e speriamo per molto tempo ancora. Nonostante tutto.

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