A 20 anni dalla morte a Legnano di Marco la legge salva-vite è ancora ferma

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LEGNANO – Domenica 21 marzo ricorrerà il 20° anniversario della morte di Marco Bandera (nella foto sotto), lo studente 19enne dell’Istituto Bernocchi di Legnano che si accasciò sul parquet della palestra della scuola in seguito ad un arresto cardiaco. La ricorrenza sarà l’occasione per l’associazione 60milavitedasalvare Altomilanese Onlus di trarre un bilancio della sua attività e di quanto è stato fatto fino ad oggi in tema di prevenzione della morte cardiaca improvvisa.

La missione di 60milavitedasalvare

«La morte di Marco – spiega Mirco Jurinovich, presidente dell’associazione – ha creato piena consapevolezza di un drammatico fenomeno quale l’arresto cardiaco improvviso, con le sue 60.000 vittime strappate agli affetti ogni anno. La legge 120/2001 che introduceva la possibilità di utilizzare i defibrillatori semi automatici anche ai comuni cittadini ci aveva illuso sulla possibilità di aumentare sensibilmente le chance di sopravvivenza. Dopo decine di disegni di legge arenatisi nei due rami del Parlamento, il Ddl 1441 “Disposizioni in materia di utilizzo dei defibrillatori semiautomatici e automatici in ambiente extraospedaliero” sembrava aver imboccato la direzione giusta, con la rapida e unanime approvazione della Camera il 30 luglio 2019. Sembrava una formalità il passaggio in sede deliberante alla XII commissione Igiene e Sanità del Senato, invece una serie di episodi incresciosi hanno tenuto al palo il provvedimento che potrebbe strappare alla morte almeno 30.000 persone ogni anno. Ultimi ostacoli: la mancata copertura economica (4 milioni di euro) e l’attesa di pareri tecnici del ministero della Salute».

Olgiati: «Basta un voto in commissione»

«La legge – spiega il parlamentare legnanese Riccardo Olgiati – è ferma a causa di una relazione del ministero dell’Economia e delle Finanze che ha fatto una serie di rilievi tecnici al ministero della Salute, competente in materia, che tarda a risolvere tutti i problemi segnalati. Sappiamo che non è stato un anno qualsiasi a livello di carico di lavoro per il ministero della Salute, ma di tempo ne è passato abbastanza e credo che in un anno e mezzo sia stato più che sufficiente per risolvere questi problemi. Sto continuando a scrivere ai tecnici del ministero, l’ultima volta proprio pochi giorni fa, nella speranza che si possa superare l’impasse e si possa finalmente chiudere l’iter di una legge troppo importante, che sarebbe conclusa con un semplice voto in commissione senza nemmeno dover passare in Aula. Come legislatori – prosegue Olgiati – abbiamo un dovere morale verso i cittadini italiani. Come legnanese, sento il dovere di farlo per Mirco e la sua associazione che mi ha fatto conoscere una realtà incredibile fatta di volontari che hanno una missione: diffondere la cultura di uno strumento che può salvare la vita. E vorrei farlo anche per ricordare nel migliore dei modi Marco Bandera, affinché di casi come il suo non ne succedano mai più».

La testimonianza della madre di Marco

Ho cercato le parole più adatte per ricordare la partenza di mio figlio Marco verso il Cielo ma quelle veramente reali appartengono solo al mio cuore, perché è impossibile descrivere cosa si è rotto dopo la defibrillatori arrestocardiaco 60milavitedasalvare altomilanese marco banderasua morte e a che cosa mi sono aggrappata disperatamente per sopravvivere.

Non saprò mai se Marco si sarebbe salvato grazie all’uso immediato di un defibrillatore, di cui non erano allora dotate le ambulanze; preferisco pensare che chi l’ha soccorso a scuola abbia fatto l’impossibile dopo essersi reso conto della gravità di ciò che stava accadendo. E se qualcuno di loro semmai leggesse questo scritto e mi volesse ancora contattare dopo tanti anni, sappia che ne sarei ben felice.

Oltre a queste persone che sono state accanto a mio figlio, aggiungo il mio più grande grazie a Mirco Jurinovich che, rimasto quel giorno profondamente colpito dall’improvvisa morte di Marco, non si è mai arreso nel portare avanti un progetto in cui ha creduto e non risparmiandosi mai in fatica e dedizione, continua ancora oggi a lottare affinché le nostre istituzioni concludano un lavoro che continua a rimanere in sospeso.

Arriverà quel giorno e sarò insieme a Mirco a festeggiare il risultato ottenuto perché mi piace pensare che chi è sopravvissuto ad un arresto cardiaco grazie all’uso del defibrillatore porti con sé un piccolo frammento del cuore di mio figlio, mio grande, immenso maestro di vita che mi ha insegnato a dirigere il dolore verso la rinascita e non verso l’annientamento di noi stessi.

Mara Grigoli

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