Baff, la “lezione” di Giorgio Tirabassi agli studenti Icma: «Lavorando si impara»

BUSTO ARSIZIO – «Ho iniziato nel 1980 e già allora dicevano che il cinema era morto». Si è raccontato con grande schiettezza ai futuri attori e registi dell’Istituto cinematografico Antonioni Giorgio Tirabassi, svelando la sua gavetta e l’importanza dell’esempio dei grandi attori, lui che è cresciuto sotto l’ala del mitico Gigi Proietti. L’attore, popolarissimo per la sua interpretazione del giudice Paolo Borsellino e nella fiction Distretto di Polizia è il protagonista di giornata al Baff, dove presenterà uno dei suoi ultimi lavori, “Freaks Out” di Gabriele Mainetti in cui interpreta il ruolo di un impresario di circo ebreo nella Roma della Seconda Guerra Mondiale. E quando gli studenti Icma chiedono com’era l’atmosfera sul set della serie-culto “Boris” (di cui il Baff ha già parlato negli scorsi anni con Francesco Pannofino e Antonio Catania), Tirabassi risponde: «Come ve la immaginate. Anche se la quarta serie senza Mattia Torre (lo sceneggiatore prematuramente scomparso, ndr) era intrisa di amarezza».

Il confronto con gli studenti

Nel raccontare la sua esperienza, Giorgio Tirabassi è partito dagli inizi, «uscendo da un ambiente totalmente estraneo, figlio di un tappezziere e di una contabile», fino alla «svolta», con un provino con Gigi Proietti. «Entrai nella sua compagnia, ci sono stato per 10-11 anni. Guardare un grande attore è un grande insegnamento». La popolarità è arrivata poi con le serie TV, Ultimo e Distretto di Polizia. «Quando uno inizia la carriera va a braccetto con la povertà, ma il successo non l’ho particolarmente amato» rivela l’attore. In “Distretto” in particolare «stavamo sul set dalle 7 di mattina alle 7 di sera – racconta Tirabassi – ma lì è uscito fuori un bellissimo rapporto con la macchina da presa».

Le “dritte” ai futuri attori e registi

Un consiglio ai futuri attori e registi? «Oltre a cambiare mestiere?» scherza Tirabassi, che si è cimentato anche dietro alla macchina da presa. «È un mestiere che uno sceglie, lo fa perché gli piace e supera anche i periodi di non lavoro, che sono frequenti». Un imperativo è «conoscere i migliori, a partire da Nino Manfredi, uno dei più americani, tra virgolette» tra i grandi del cinema italiano, e con lui Sordi, Mastroianni, Tognazzi e Gassman. «Attori che davano qualcosa di loro ai personaggi». Ma non ci sono troppi segreti, solo qualche dritta. «L’attore prende dove è bene prendere, non c’è una regola, l’importante è il risultato. La preparazione? La prima cosa è la memoria, fondamentale. Dopodiché nervi saldi». E ancora: «Lavorare con i registi serve. Per assurdo da quelli scarsi impari di più». A lui ad esempio è servito anche il suo rapporto con la musica, perché «la musicalità deve accompagnare l’attore, ci sono ritmi e tempi da tenere».

L’intervista integrale

Giorgio Tirabassi, che stasera era al cinema Lux per la proiezione delle 21 del film “Cancinculo” di Chiara Bellosi, domani mattina, 6 aprile, alle 9 sarà al cinema Manzoni per la proiezione di “Freaks Out” di Gabriele Mainetti nell’ambito della rassegna per gli studenti Made in Italy-Scuole.

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